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31 ottobre 1997

...dai nostri Archivi 

Convegno: 

Ambiente & Comunicazione

Rifiuti - La sfida del 2000 ed il ruolo della comunicazione



I rifiuti: questi "trasformisti"
di Diego Fasoli
articolo tratto dalla documentazione del Convegno

I rifiuti solidi urbani sono in costante e progressivo aumento: nel territorio nazionale si stima che le quantità prodotte fossero di circa 13.900.000 tonnellate nel 1978, salite, secondo le ultime attendibili indagini, a 26.400.000 tonnellate nel 1993, mentre i valori riferiti al 1995 indicano una produzione in lieve flessione, pari a 25.970.000.

Se consideriamo che un chilogrammo di rifiuto non compattato, prodotto nelle nostre abitazioni, occupa circa 10 lt, l'attuale produzione occuperebbe annualmente un volume di ben 264.000.000 mc, pari ad un'enorme pattumiera avente forma di parallelepipedo con una base di 100 x 100 m ed un'altezza di 26.400 m; raggiungeremmo la stratosfera!

Occorre precisare che non sempre è stato così.

Infatti sino alla fine degli anni Cinquanta la produzione dei rifiuti era estremamente più contenuta e numerose pubbliche amministrazioni non avevano neppure istituito e/o dato in concessione il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani.

È pur vero che la composizione dei rifiuti solidi urbani allora era molto differente dalla attuale, la plastica era estremamente rara, i metalli, gli stracci, la carta ed il vetro venivano recuperati da "strascee" (i non più giovanissimi ricorderanno le grida che queste persone lanciavano al fine di attirare 1'attenzione) che compensavano con pochi centesimi i ragazzini che recuperavano il materiale, per poi rivenderlo, al fine di poter alleviare i loro magri bilanci.

I rifiuti urbani pericolosi quali ad esempio le pile scariche, le lampade a vapore, i prodotti "T" o "F" dovevano ancora essere commercializzati ed i farmaci non erano così diffusi come adesso e quindi il rischio di farli scadere o di non utilizzarli era estremamente limitato.

Restava la parte organica costituita da scarti di cibo (anche questo non abbondava) che finiva in buche c/o in cumuli nella parte meno frequentata della coite (tipica area delle cascine lombarde), pronto per essere riutilizzato come ammendante del terreno.

Vigeva allora la legge 366 del 20 mazzo 1941, che ai tempi era una buona legge ma (ahimè) è rimasta in vigore sino al 10 settembre 1982, data di emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 915, quando sostanzialmente in 40 anni circa erano cambiati usi e costumi della popolazione nonché parte del territorio era già stato gravemente compromesso.

Le raccolte differenziate non erano quindi ancora istituite e venivano lasciate alla libera iniziativa dei singoli imprenditori o cittadini.

Questi ultimi, riuniti negli oratori o in associazioni caritatevoli senza scopo di lucro, si sono sempre lodevolmente segnalati nel differenziare materiali quali la carta ed il metallo ferroso.

Intanto i rifiuti crescevano in peso ed in volume (continuano tuttora in volume ed in peso in alcune zone d'Italia come il nord-ovest dove sono aumentati di 25 kg procapite/anno nell'ultimo biennio) e moltiplicavano le tipologie di prodotti che li componevano quali ad esempio numerose resine plastiche, carte trattate come quella oleata e chimica e, anche se in termini quantitativi poco rilevanti, anche collanti, solventi, vernici, inchiostri e numerosi altri prodotti chimici domestici, arrivando cosi ad una produzione media procapite di 249 kg/anno/abitante nel 1978 che cresceva fino a 465 kg nel 1993 (450 nel 1995).

Si stima quindi che ogni giorno ciascuno di noi abbia la necessità di eliminare qualcosa come 1,2 kg/giorno; ovviamente questo è un dato statistico, ovvero ci sono abitanti che ne producono di meno ma anche altri che ne producono di più.

E' interessante evidenziare che i valori statistici sopra indicati emergono da stime effettuate su campioni significativi della popolazione nazionale e, ovviamente, maggiore è la base dei dati di partenza, tanto più attendibile è il risultato.

La produzione di rifiuti è quindi diminuita in Italia tra il 1993 e il 1995 del 2,3 % e il fenomeno è, con ogni probabilità, dovuto alla recessione economica.

Comunque, negli ultimi decenni,1'indiscusso migliore tenore di vita ha indotto i cittadini ad aumentare gli acquisti e quindi di riflesso i rifiuti: infatti, la controprova è che nei brevi periodi di recessione molto spinta le quantità di materiale destinato all'abbandono tendono necessariamente a diminuire.

La filosofia dell'usa e getta ha accompagnato il nostro percorso per alcuni anni, basti pensare all'introduzione ad esempio dei contenitori in plastica per liquidi (quando questi non erano ancora recuperabili), ai piatti e bicchieri di carta o polistirolo, ai tovaglioli, ai rasoi per radersi e si potrebbero indicare innumerevoli altri manufatti che giornalmente utilizziamo.

Occorre evidenziare comunque che la sensibilità ambientale delle persone sta cambiando e sono sempre più diffusi gli acquirenti che scelgono oculatamente i loro acquisti privilegiando i prodotti che rispettano maggiormente 1'ambiente ovvero che sono realizzati in materiale riciclato o sono riciclabili, oppure che presentano, a parità di prestazioni, minori volumi di rifiuti.

Sicuramente una delle voci "funzionali" più considerevoli che compongono il rifiuto è quella riferita agli imballi, che necessariamente finiscono nel circuito della raccolta dei rifiuti solidi urbani.

Dalle indagini emerge che la quota, in peso, è lievitata dal 10-12% del 1976 al 35% circa del 1993, mentre nella regione Lombardia è addirittura al 39%.

Ovviamente, se si tiene in considerazione che gli imballaggi hanno un ridotto peso specifico, la loro presenza nei rifiuti solidi urbani viene elevata al 50% in termini di volume.

Un corretto atteggiamento dell'utente nei confronti della problematica dei rifiuti non riguarda solo la necessaria adesione alle varie forme di raccolta differenziata proposte dalle singole amministrazioni comunali, ma comporta una forma mentis radicalmente diversa nei propri usi e costumi.

Poiché i rifiuti in 15 anni sono aumentati in peso del 50% circa, ma in volume ancora di più, appare evidente che 1'impegno profuso dai cittadini nella raccolta differenziata può essere in parte vanificato dall'aumento progressivo dei rifiuti.

E' indispensabile quindi che ciascuno di noi effettui, ad esempio, alcune scelte durante gli acquisti come sopra indicato, premiando le società che hanno dimostrato maggiore sensibilità ambientale.

Le industrie produttrici di beni di consumo sono sempre molto attente e sensibili al marketing dei loro prodotti e quindi riescono a modificare velocemente la composizione dei propri imballaggi in relazione alle richieste del mercato.

Anche i nuovi orientamenti comunitari e nazionali in materia di rifiuti e di imballaggi tendono a prevenire e a ridurre 1'impatto sull'ambiente al fine di assicurare così un elevato livello di tutela e nel contempo garantire il funzionamento del mercato interno.

Le direttive 94/62 della Comunità europea tendono a porre in atto misure in grado di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggi ed il conseguente reimpiego e riciclaggio degli stessi.

In Italia, il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in attuazione di quelle direttive comunitarie, ha imposto profondi cambiamenti nella metodologia e nella tecnologia utilizzata nei servizi di igiene ambientale.

Il cambiamento dei rifiuti, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, ha imposto profondi cambiamenti nella tecnologia utilizzata nell'espletamento dei servizi di igiene ambientale.

Infatti le aziende che assicurano i servizi di igiene ambientale hanno dovuto, per restare competitive, modificare e rinnovare nel tempo il proprio parco mezzi con attrezzature diverse, in grado di ottenere prestazioni più elevate sotto diversi punti di vista quali ad esempio il grado di compattazione, la tenuta degli automezzi per evitare la dispersione dei liquidi e delle polveri, la silenziosità e molti altri fattori.

Si stanno inoltre profondendo grandi sforzi, soprattutto nella pulizia del suolo pubblico dei centri urbani, al fine di adottare, ove possibile, alcuni automezzi a trazione elettrica consentendo così il contenimento delle emissioni in atmosfera.

Ci è sembrato interessante far apparire sul nostro notiziario alcune immagini relative alle attrezzature utilizzate nel "tempo che fu", raffrontandole con alcune attualmente impiegate per i servizi di igiene ambientale.

Anche il lettore più distratto si accorgerà che di strada ne è stata fatta molta.

Diego Fasoli