Famiglia Artistica Milanese
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Parole agli amici artisti pronunciate a Montemerlo

Avevo fissato di stare zitto. Ma non è forse inopportuno cogliere questa occasione per diradare la nebbia che offusca da troppo tempo la fama della classe artistica, mettendo in luce alcune verità.
“La verità — lasciò scritto Voltaire — ha dei diritti imprescindibili e il dirla non è mai fuor di stagione.”
Diciamola dunque.
E’ falso che gli artisti della mia generazione fossero spensierati gaudenti, pronti a fare il burattino per divertire il pubblico. Contro la rancida leggenda io protesto in nome dei miei indimenticabili compagni, che non possono più essere presenti.
Degli avversari e degli indifferenti non ci deve importare e non m’importa.
Parlo a voi tanto cortesi e indulgenti; parlo agli amici...
Non è affatto vero che si passasse il tempo all’osteria e che là fossero i nostri ritrovi. Io per primo fui tiepido amatore del vino perché mi faceva male... Se c’è stato fra noi qualche bevitore fu un’eccezione. Gli enofili sani bevevano con misura alla tavola delle loro famiglie.
Io raccolsi le firme degli aderenti al mio appello sotto quattro copie di una lettera che, per mano mia e di tre amici artisti, circolarono all’asciutto e tornarono tutte quattro sottoscritte da oltre cento nomi... senza impronte digitali color barbera. Si stava chiusi nei nostri studi; si lavorava, magari bestemmiando talvolta contro le difficoltà del mestiere.
Spensierati, sì, ma soltanto nei calcoli del nostro interesse materiale. Per questo difetto di natura eravamo sempre pronti a prestare gratis l’opera nostra, sia per uno scopo filantropico, sia per alimentare il buon umore della cittadinanza, il che si risolveva ancora in beneficenza poiché il ridere fa buon sangue. La più larga delle parentesi fu la “Novena” del Settembre 1879 ideata e compiuta a beneficio degli inondati del Po nelle province lombarde. Seguono quelle del Carnevalone che duravano una settimana, la tipica settimana grassa privilegio di Meneghino sulle consorelle maschere italiane. Passata la prima domenica di Quaresima col suo sfarzoso corso di carrozze, si rientrava nell’ordine.
Quando nel 1872 abbiamo battezzato questa località con nomignolo che tuttora la distingue eravamo ben lontani da supporre che sarebbe durato al di là di quella settimana. Monte: per metter in burla le alture milanesi; Merlo: perché tale era il cognome del celebre caffettiere che ci aveva concesso l’uso temporaneo del suo Caffe.
Niente di più semplice.., niente di più grullo.
Qui dovrei passare alla storia della Famiglia Artistica: “Correva l’anno 1872...” Purtroppo io ne vidi correre dopo quello altri cinquantaquattro (dico 54) e non sarebbe un racconto allegro. Come e perché sia nata la nostra Famiglia si può leggere in uno dei quattro volumi dell’opera “Mediolanum” pubblicata nel 1881 dalla Casa Vallardi; e anche nel cenno da me dettato per il quarantennio della Fondazione, breve cenno che apre il volume illustrato edito da Alfieri e Lacroix.
Qui basti ricordare che l’iniziativa fu presa col solo scopo di aprire una scuola serale libera per artisti e dilettanti; scuola che fu sin dal principio tanto frequentata da obbligarci a fissare un turno perché i posti non bastavano. Dalla prima angusta sede ci trasferimmo nel Refettorio del Carmine, alto e vasto come una chiesa, dove la Scuola (che era la cura e la ragione principale della nostra vita sociale) trionfò. Ogni sera più di cinquanta studenti assortiti — nobili titolati e plebei, giovani imberbi e barbe maestose, celebrità dell’arte e novellini, professori e principianti — sedevano davanti al modello vivo sulle economiche seggiolette di paglia, intenti al lavoro come se fossero pagati. Dipinti a olio — acquerelli — acqueforti — disegni in bianco e nero a carbone o a penna — plastiche in creta o in cera — di tutto un po’, a ta- lento di ognuno.
Febbre sana per eccesso di vigore. E durò molti anni con piacere e con vantaggio di tutti.
Niente discussioni teoriche; niente massime. Se mai, questa unica: fare il minor numero possibile di sgorbi. Si cominciò con lo studio della figura vestita: lunedì e martedì. Si andò nel “sempre più difficile” con lo studio dal nudo d’ambo i sessi: venerdì e sabato. E i due giorni centrali? Cosa stiamo qui a fare? Chiesero parecchi. Il ritratto a perfetta vicenda. Un socio montava sul palco e posava per due sere: mercoledì e giovedì. Così lo studioso indefesso trovò lavoro per sei giorni. E il settimo si riposò. A intervalli ci siamo svagati con serate musicali — cene di circostanza — inviti a colleghi forestieri — conferenze letterarie, storiche, scientifiche. Udimmo le voci di Carducci, Fogazzaro, Fradeletto, Lorenzo Ellero... Verdi accettò un ricevimento in casa nostra; Mascagni intonò l”Allegro” di un banchetto in suo onore... E via, e via.
La memoria si confonde. Resta distinto e luminoso il fatto che la Famiglia Artistica nacque da un proposito serio e nobilmente seri ne durarono gli effetti.
Si chiamò Famiglia perché tale volle essere nel significato più simpatico della parola.
E tale sia; centro d’azione utile e geniale; senza pretesa di far miracoli, ma ardente di passione per l’Arte nazionale, credente nella religione del Genio d’ogni età e d’ogni paese.
Un’ultima parola in confidenza ai promotori del presente convegno.
Quale vecchio insegnante del disegno di figura vi devo osservare che non avete rispettato la legge delle proporzioni. Date prova di fantasia; siete senza dubbio buoni coloristi... ma non vi siete accorti che tra la mia piccola persona e la composizione della scena brillante e grandiosa che abbiamo sott’occhio c’è un forte squilibrio. Bisogna stare più attenti. Il vero non va guardato con lenti di ingrandimento. Basta. Per oggi porto pazienza e vi do il punto di passaggio. Intendo il passaggio ai corsi accelerati nei quali la Famiglia Artistica — rinnovellata di novella fronda — riprenderà serena e coraggiosa il suo cammino.

Al largo! Al largo, amici!
Non misurate mai le vostre azioni sulle colonne dell’almanacco; non subordinate mai le vostre idee alle fasi della luna. Ricordatevi che l’uomo per i bisogni della sua contabilità inventò i mesi, gli anni, i secoli, ma che il Tempo non vi bada e vola senza riposo, senza confini, nell’immensità che a noi dà le vertigini, nell’eternità che supera la nostra immaginazione.

Ai presenti, ai futuri, salute e fortuna! -
Vespasiano Bignami
Discorso pronunciato a Montemerlo, 29 ottobre 1926



Il Cardo n. 15 - Notiziario della Famiglia Artistica Milanese

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