[Torna alle Fiabe di Cuoricina] Le Fiabe di Donna Mariangela

Benvenuti e buon divertimento

PIPPETTA
 

Pippetta era un contadinello che trascorreva le sue giornate in montagna portando al pascolo i cavalli del suo padrone
 

Aveva un rapporto molto bello con i suoi amici quadrupedi.
Li conosceva ad uno ad uno ed aveva dato loro un nome.
Tra gli altri c'era un puledro, soprannominato Farfui.
Va bene che Farfui non era proprio adatto ad un cavallo,
ma Farfui era proprio vivace ed allegro, sempre pronto a saltare e correre.
A volte Pippetta fatica a tenerlo a freno e lo doveva rincorrere per il prato.
Tra loro si parlavano: non c'è da stupirsi se anche i cavalli parlino a volte,
sono gli uomini sempre così distratti che non capiscono il linguaggio degli animali.
E Farfui diceva:
"Caro il mio Pippetta, lasciami un po' in pace.
Io voglio correre, divertirmi. Non te la prendere.
Non vedi come è bello il prato, come è verde e fresca questa erbetta,
come è profumata ed invitante.
Debbo già stare fermo nella stalla, ma almeno qui lasciami libero."
Pippetta capiva le esigenze di Farfui, ma temeva si perdesse e poi doveva badare anche agli altri cavalli.
"Ti capisco, ma se ti allontani, come faccio a riprenderti?
Tu sei molto più veloce di me"
Farfui scuoteva la bella criniera e batteva per terra lo zoccolo.
Visto che Farfui era così intelligente e che capiva assai bene il suo linguaggio,
Pippetta pensò di ammaestrarlo.
Gli insegnò a contare.
Sì, proprio a contare.
Gli disse:
"Ascoltami bene: ogni volta che ti dico un numero tu devi battere lo zoccolo.
Per esempio: se dico UNO lo batti una volta,
se dico DUE lo batti due volte.
Hai capito? Proviamo"
Farfui abbassò il capo più volte; questo voleva dire Sì.
L'esercizio iniziò con buoni risultati:
UNO: una battuta, DUE: due battute.
E poi arrivò il TRE e così via:

"Bravo!!! - esclamò il ragazzino - Per oggi basta così.
Adesso ti metto una corda al collo e tu puoi correre senza scappare."
Quella corda al collo non andava molto a Farfui.
Voleva essere libero e cominciò a scalciare dimenandosi fin che riuscì a togliersela ed iniziò a correre all'impazzata lontano dal gruppo.
Pippetta era disperato.
Aveva paura di perderlo.
Non poteva allontanarsi dagli altri per rincorrerlo.
Cominciò a chiamarlo a squarciagola, ma quello faceva il sordo.
Durante la sua corsa attraversò boschi, ruscelli, pianure
e tutto era nuovo ed attraente per lui.
Alla fine, stanco, si fermò per riposare in una radura.
L'erba era fresca ed invitante e ne fece una scorpacciata.
Non pensava più a Pippetta ed ai suoi amici ormai lontani.
Pippetta era disperato, sia per aver perso un suo amico, sia per timore dei rimproveri del padrone.
A sera, quando doveva fare ritorno al cascinale e riportare i cavalli nella stalla era già tardi e fortunatamente il padrone non c'era.
Prese così il suo motorino e, senza neppure cenare, corse alla ricerca di Farfui.

Ogni tanto scendeva e, a piedi, percorreva tratti nell'interno dei boschi gridando a squarciagola il nome del cavallino.
Poi risaliva sulla moto e via, veloce per un altro tratto di strada.
Ad ogni fermata ripeteva la stessa scena senza risultato purtroppo.
Ormai scendeva la notte ed il buio impediva di procedere.
Di tornare a casa neppure a pensarlo.
Non sarebbe mai tornato senza Farfui.
Pensando alle possibilità di corsa del cavallo, alla sua velocità, conteggiava mentalmente i chilometri che avrebbe potuto percorrere ed i luoghi per cui sarebbe potuto passare.
Si fermò per una salutare dormita aspettando le prime luci dell'alba.
Nella notte fu preso dalla paura di possibili incontri malvagi, sia di malfattori che di animali. Così salì su un albero e cercò di dormire in una conca tra i rami
come un uccello.
Ad un tratto sentì un guaito.
Si sporse dall'albero e vide un povero cagnolino tutto triste e sconsolato.
Pippetta capì che doveva essere stato abbandonato da qualche uomo crudele.
Scese dall'albero e cercò di avvicinarsi a lui.
Il cagnetto non si dimostrò impaurito dalla sua presenza, anzi cominciò a scodinzolare festoso.
Aveva capito che poteva fidarsi di quel ragazzo gentile.

Pippetta lo accarezzò parlandogli:

"Povero cagnolino, ti sei perduto? Non hai neanche una medaglietta.
Certamente sei stato abbandonato.
Stai tranquillo: ora ci sono io e non sarai più solo.
Come ti chiami?
Chissà: forse Flik, o Fido o Bobi o Farfui."

A questo nome il cagnolino si mise ad abbaiare festoso.
Forse Farfui era proprio il suo nome.

"Ma no - esclamò Pippetta - proprio lo stesso nome del mio cavallino!
Come faccio adesso? Se chiamo Farfui corri tu o forse corre anche il mio cavallino. Sai non riesco più a trovarlo. E' scappato.
Mi aiuti a ritrovarlo? Così sarete sempre insieme e con me."

Il nuovo Farfui iniziò a saltellare come se avesse capito.
Ormai era l'alba, così Pippetta ricominciò le ricerche con il cagnetto che gli trotterellava accanto.
Intanto passava di lì un sorvegliante a cavallo:

"Mi scusi signore: per caso ha incontrato un cavallino solo nel bosco?"
"Veramente ho visto un cavallino laggiù e pensavo che il padrone fosse poco lontano"
"Mi può indicare con precisione dove l'ha visto?
Sa, mi è scappato e lo sto cercando da ieri sera"

Gentilmente la guardia si offrì di fargli strada ritornando sui suoi passi.
Ma quanto aveva cavalcato quel birbaccione!
Sembrava impossibile che avesse percorso tanta strada!
Pippetta riprese a chiamare a gran voce: "FARFUIiiiiiiiiiiiii"
Ad ogni richiamo il cagnetto abbaiava, quasi a ripetere quel nome.
Ad un tratto si udì un nitrito.
A Pippetta si allargò il cuore e finalmente poté abbracciare il suo amico.
Gli salì in groppa con l'altro Farfui in braccio,
ringraziò la guardia e tornò verso il luogo dove aveva lasciato la moto.
Vi salì e, procedendo adagio, con accanto il cavallino ed in braccio il cagnolino,
tornò alla stalla.
Il padrone non si era accorto di nulla, ma vedendo quel trio si meravigliò e cominciò a tempestare Pippetta di domande.
Pippetta fu evasivo e rispose solo che si erano attardati perché avevano incontrato il cagnolino sperduto e, visto che intorno non c'erano tracce di un possibile padrone, l'aveva preso con sé.
Tutto finì lì.



I due Farfui fecero amicizia e non si separavano mai.
Era bello vederli correre uno accanto all'altro.
Certamente Pippetta, in seguito all'esperienza fatta, fu molto più attento a non lasciarli allontanare dal suo sguardo.
Anzi Farfui cavallino, divenne la sua cavalcatura e corse sempre con il suo cavaliere in groppa.
Farfui cagnetto imparò dall'amico a distinguere i numeri e poté contare anche lui all'invito del padroncino.
Capitò a passare accanto a loro il padrone di un circo.
Osservò la scena e pensò che il trio avrebbe potuto diventare un numero unico nel suo circo.
Propose l'affare a Pippetta che, non potendo decidere lui, volle parlarne al padrone.
Questi, avido com'era di denaro, accettò a condizione di "affittare" solamente e non di vendere il terzetto.
Tonio, il padrone del Circo accettò,
così i tre ogni sabato sera e domenica pomeriggio diedero spettacolo.

Il Circo era piazzato nel centro del paese:
un grande tendone colorato con un ingresso laterale.
Nello spettacolo si esibivano: giocolieri, pagliacci, cavallerizzi,
domatori di leoni e tigri, trapezisti ecc.


Gli elefanti erano una vera attrazione:
procedevano l'uno dietro l'altro tenendosi per il codino.
Poi si fermavano, facevano un inchino e faticosamente salivano su sgabelli assai scomodi per loro.
Poveri animali costretti a fare cose al di fuori delle loro capacità ed abitudini!
Lo spettacolo dei nostri tre amici era il più gradito dai piccini.
Pippetta faceva contare il cavallino con il metodo che gli aveva insegnato
mentre il piccolo Farfui piroettava intorno a loro.
Il cagnolino aveva anche imparato a fare uno slalom tra le zampe del grande Farfui ed a vederlo tutti si divertivano.
Pippetta poi aveva una grande abilità nel cavalcare e faceva vari esercizi sulla groppa del suo fedele cavallino.



Nel tempo libero non mancavano le corse nei boschi.
Era bello saltare fossi e siepi, trottare o galoppare all'aria aperta.
Alla sera stanchi tornavano nella scuderia e, dopo una bella strigliata ed un buon pasto, si addormentavano, a volte, l'uno accanto all'altro sulla paglia.
La vita trascorreva serena.
E gli altri cavalli che erano stati affidati a Pippetta?
Certamente il ragazzino non aveva più molto tempo da dedicare a loro,
così gli fu messo in aiuto un altro ragazzino.
Il padrone, con gli spettacoli del circo, guadagnava abbastanza bene ed ecco arrivare Balduccio.
Balduccio aveva una diecina d'anni.
Frequentava ancora le classi elementari, ma amava tanto gli animali e, per lui, era una festa trascorrere qualche ora con i cavalli.
Pippetta lo accompagnava le prime volte per insegnargli il modo di trattarli.
Balduccio imparava subito ed era felice.


Accanto a loro c'era Polly, un bellissimo cagnone.
Polly aveva un folto pelo, un grosso testone e la lingua sempre fuori dalla bocca, forse perché il lungo pelo lo riscaldava assai.
Balduccio si divertiva a tenere a bada i cavalli, che ben presto gli furono amici.
Un giorno Polly giocando con il piccolo Farfui gli fece fare un ruzzolone, ma non gli fece male.
Si accorse però della sua sbadataggine (era ancora un cucciolone)
e, avvicinatosi al suo piccolo amico, non finiva più di leccarlo,
quasi a chiedergli scusa.
Polly non partecipava agli esercizi dei due Farfui, ma scodinzolava attorno come ad approvarli.



Come sovente accade le belle storie finiscono.
Infatti il Circo doveva trasferirsi e recarsi a dare spettacoli in un'altra città.
Pippetta avrebbe voluto seguirlo con i suoi Farfui, ma il padrone fu contrario.
Così le esibizioni dei nostri amici rimasero inutilizzate.
I ragazzi del paese furono delusi e ne parlarono con Pippetta.
"Non è possibile che possiate continuare voi, senza Circo, a fare i vostri numeri? Molte persone sarebbero disposte a venire ad applaudirvi e potreste anche guadagnare qualcosa!"
La proposta era allettante, ma ci voleva un permesso speciale e non solo del padrone.
Questi, accarezzando l'idea di un possibile guadagno, pensò di rivolgersi ad un amico influente nel Comune e gliene parlò.
Il permesso fu accordato con un piccolo pagamento per ottenere la licenza.
Sulla piazza principale fu allestito il campo di lavoro.
Non occorreva molto:
qualche panchina disposte in circolo e, al centro, un'area sufficientemente spaziosa.
La prima rappresentazione ebbe luogo il pomeriggio della domenica successiva.
Volle il caso che coincidesse proprio con la festa del paese.
La banda della Pro Loco si offrì di eseguire musiche allegre.
I commercianti allestirono bancarelle con ogni leccornia e vari prodotti.
Mai ci fu festa più bella e gioiosa.
Pippetta era felice ed ebbe un trionfo con il suo spettacolo.
Polly, che non era della troupe, gironzolava intorno con un piattello in bocca e la gente era molto generosa con le offerte.
Pippetta non poteva desiderare di più e anche Balduccio era fiero di appartenere ad una combriccola simile.
Poiché era molto agile iniziò anche lui a fare qualcosa: capriole, balletti e divenne il pagliaccio della comitiva.
La bella stagione volgeva al termine e le festicciole all'aperto non potevano continuare per il cattivo tempo.
Gli amici rimasero sempre uniti con i loro animali riservando loro tutte le cure possibili e ripromettendosi di riprendere gli spettacoli nella prossima bella stagione.
Lasciamoli tranquilli, per ora.

FINE



 
 
 
 
 

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