LA MODULAZIONE ELETTRICA DELL'OSTEOGENESI
NELLE FRATTURE COMPLESSE:
BASI RAZIONALI E MOTIVI DI IMPIEGO
G. C. Traina
Clinica Ortopedica e Traumatologica
Universita’ di Ferrara
Introduzione
Sono trascorsi due decenni da quando nel 1974 Bassett riportava il trattamento
con successo di una pseudoartrosi congenita di tibia mediante campi elettromagnetici
pulsati a bassa frequenza (CEMP). Da allora il trattamento con CEMP e’
stato introdotto nella pratica clinica quale modalita’ terapeutica non
chirurgica per promuovere la consolidazione ossea.
In questi anni numerose ricerche sia a livello cellulare che su animale
hanno consentito di chiarire quali siano i meccanismi di base attraverso
cui i CEMP esplicano il loro effetto sulla attivita’ osteogenetica riparativa.
Anche nel nostro Istituto abbiamo avuto modo di valutare come l’esposizione
ai CEMP di colture di osteoblasti umani determini una aumentata attivita’
proliferativa cellulare. Abbiamo potuto dimostrare che l’effetto del campo
magnetico e’ tanto maggiore quanto minore e’ l’attivita’ spontanea delle
cellule, tanto che osteoblasti ottenuti da donatori anziani risentono dell’effetto
stimolante dei CEMP in modo molto piu’ significativo rispetto agli osteoblasti
ottenuti da soggetti giovani. La figura 1 dimostra come esista una correlazione
diretta fra l’effetto dei CEMP e l’eta’ del donatore.
FIGURA 1.
Analisi in regressione lineare fra l’eta’ dei donatori e l’effetto quantitativo
dei CEMP sulla sintesi di DNA. Sulle ascisse e’ rappresentato il risultato
del rapporto fra l’attivita’ delle cellule esposte al campo e l’attivita’
delle colture di controllo. Sulle ordinate e’ rappresentata l’eta’ dei
donatori.
Questi nostri dati confermano quanto osservato su altri modelli di cellule
umane da altri ricercatori che hanno studiato i linfociti ottenuti dal
sangue periferico.
L’effetto dei CEMP in vitro e’ dunque di aumentare la risposta proliferativa
di sistemi biologici altrimenti spontaneamente poco attivi. Questa osservazione
si traduce nel modello in vivo studiato da Cane’ et al., dal quale e’ emerso
che l’effetto dei CEMP sull’osteogenesi riparativa a livello delle ossa
metacarpali nel cavallo e’ bene evidente a livello diafisario piuttosto
che a livello metafisario, essendo il turnover osseo e l’attivita’ metabolica
della diafisi molto piu’ lenta rispetto alla metafisi.
Tutte queste osservazioni indicano chiaramente come l’effetto dei campi
elettromagnetici anche a livello clinico debba essere sfruttato all’impiego
in tutte quelle condizioni in cui prevedibilmente la risposta osteogenetica
potra’ essere inadeguata o comunque insufficiente.
Biomeccanica e biologia: i fattori determinanti nella guarigione
di una frattura
Negli anni 70 grande attenzione e’ sempre stata rivolta alle problematiche
di ordine biomeccanico che si associano ad una frattura. Si e’ sempre affermato
che immobilizzazione, allineamento e contatto rappresentavano i
requisiti fondamentali per la consolidazione ossea.
Questo e’ vero ma non descrive tutta la realta’: anche in presenza di
immobilizzazione, allineamento e contatto, non sempre si raggiunge
la consolidazione ossea. Ne deriva che esistano altri fattori capaci di
impedire la consolidazione ossea, che si pongono al di fuori del dominio
della meccanica.
Questi fattori sono certamente di ordine biologico e trovano quotidiano
riscontro: la consolidazione di una frattura di una persona anziana richiedera’
un tempo maggiore o comunque avra’ piu’ probabilita’ di evolvere in una
ritardo di consolidazione rispetto ad una frattura di un adolescente.
Negli anni 80, in particolare gli studi di Frost hanno focalizzato l’attenzione
sulla importanza determinante delle complesse attivita’ biologiche che
vengono innescante dall’evento frattura. Si tratta di una serie di eventi
che coinvolgono l’attivazione delle cellule osteoprogenitrici, la loro
proliferazione prima e differenziazione poi in senso osteoblastico; il
tutto finalizzato alla consolidazione ossea, che e’ sempre e soltanto il
risultato di una attivita’ cellulare. Il corretto trattamento meccanico
di una frattura costituisce comunque un requisito fondamentale perche’
l’attivita’ cellulare si possa esplicare e finalizzare con modalita’ tali
da poter giungere alla guarigione.
La diagnosi differenziale
Alla luce delle considerazioni sovra esposte e’ necessario di fronte
ad una frattura porsi non solo il problema del trattamento meccanico ma
anche della capacita’ biologica di quella frattura di giungere a consolidazione:
in presenza di una frattura che, dopo 30-45 giorni si dimostra "fredda",
di una frattura recente in un soggetto debilitato, anziano, in presenza
di una frattura complessa vuoi per la sua morfologia, ovvero per perdita
di sostanza ossea e/o cutanea, ovvero situata in regioni dello scheletro
a basso turnover osseo (diafisi tibiale), e’ bene porsi il problema di
quale sia la potenzialita’ biologica del focolaio.
Una volta valutato attentamente il risultato biomeccanico e’ necessario
scegliere il trattamento piu’ opportuno.
Frost ha osservato come soltanto la meta’ circa delle pseudoartrosi
possa essere attribuita ad inadeguato trattamento meccanico, tutte le altre
mancate consolidazioni sarebbero conseguenza o di una insufficiente attivita’
biologica (circa il 30%) o, nel 20 % dei casi, di motivazioni sia di ordine
meccanico che biologico.
Per questi motivi noi crediamo che di fronte ad una fratture complessa
pur trattata in modo opportuno si debba valutare la possibilita’ di aumentare
la risposta osteogenetica. Le ricerche in tale ottica si sono orientate
o verso l’impiego delle correnti elettriche capaci di promuovere l’attivita’
osteoblastica o verso l’uso di fattori di crescita. Urist ha riportato
i risultati di una piccola serie di pseudoartrosi tratte con l’applicazione
locale di Bone Morphogenetic Protein; Connolly ha proposto l’iniezione
diretta in sede di pseudoartrosi di cellule midollari del paziente. Certamente
l’impiego della stimolazione elettrica ed in particolare dei campi magnetici
rappresenta la modalita’ terapeutica piu’ in uso; noi stessi abbiamo una
esperienza piu’ che decennale e abbiamo potuto anche dimostrare che in
casi di pseudoartrosi infette, il trattamento con campi magnetici (Biostim
IGEA) e’ preferibile al trattamento chirurgico (Tabella I).
TABELLA I
Trattamento chirurgico o con CEMP in pazienti affetti da pseudoartrosi
post-traumatica.
TRATTAMENTO
Chirugico
CEMP-Biostim
p <
Pazienti guariti
18/26 (69%)
36/41 (87.8%)
0.3 n.s.
Tempo in mesi
7.8 (+ 3.5)
5.7 (+ 2.5)
0.01
Pseudoartrosi
non infette
14/16 (87%)
20/23 (87%)
n.s.
Pseudoartrosi infette
4/10 (40%)
16/18 (88%)
0.05
FIG. 2
(per questa figura si rimanda al supporto cartaceo
del Bollettino)
DIDASCALIA FIG. 2: Frattura diafisaria di femore trattata con inchiodamento
endomidollare e stimolazione con CEMP. Consolidazione in 60 giorni.
Conclusioni
Il nostro suggerimento di fronte a eventi fratturativi complessi, o
che prevedibilmente richiederanno tempi lunghi per la guarigione, e’ di
attuare un corretto trattamento ortopedico, di iniziare al piu’ presto
un trattamento con CEMP capace di garantire una risposta biologica ottimale.
I campi elettromagnetici rappresentano oggi l’unico efficace strumento
a nostra disposizione per promuovere la risposta osteogenetica, senza richiedere
alcun intervento cruento; la loro efficacia nel promuovere l’osteogenesi
e’ stata documentata in modo inoppugnabile. E’ indispensabile infine ricordare
che non e’ sufficiente immettere un segnale elettromagnetico nel sistema
frattura, soltanto le modalita’ e i tempi di somministrazione opportuni
garantiscono l’efficacia del trattamento. Dobbiamo evitare di sottoporre
i nostri pazienti a trattamenti che possono rilevarsi inutili o, come si
e’ osservato con alcuni metodi, dannosi in quanto inibitori nell’attivita’
osteogenetica.
I risultati nelle ricerche condotte da noi e da Altri dimostrano che
esistono delle "finestre", ovvero dei dosaggi terapeutici, e soltanto se
i criteri d’impiego dei CEMP saranno rispettati la stimolazione elettrica
risultera’ efficace e portera’ i vantaggi attesi.
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