AISO: La trombosi venosa axillo-sacclavia
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Bollettino Scientifico di Aggiornamento

n. XXIV - Settembre 1996


LA TROMBOSI VENOSA AXILLO-SUCCLAVIA: 
COMPLICANZA RARA IN UN CASO DI T.O.S. 
DA FRATTURA "ISOLATA" DELLA PRIMA COSTA

G. Di Luca, G. Sironi, S. Losa
Istituto Ortopedico Gaetano Pini
Sezione di Chirurgia Vascolare
Primario: Dr. G. Sironi

Riassunto

La trombosi venosa profonda (TVP) rappresenta la complicanza più rara (1,5%) in corso di una Thoracie Outlet Syndrome (TOS).

Gli Autori riferendosi alla loro casistica, registrano la stessa percentuale d'incidenza (5,3%), descrivono un raro caso di TVP axillo-succlavia in una TOS post-traumatica da frattura della I costa, riconsiderando i meccanismi eziopatogenetici in causa.

Introduzione

I sintomi venosi sono presenti solo nel 4% dei casi di una Thoracic Outlet Syndrome (TOS).

Ancora più raro è il verificarsi di una trombosi venosa dell'asse axillo-succlavio in queste situazioni, variando dall'1,5% al 5% dei casi (l-2). Gloviczki (3) riporta un'incidenza di sintomi venosi nel 3,5% dei pz. affetti da TOS come risulta da una revisione casistica di 969 pazienti.

L'arto superiore destro è interessato nei 2/3 dei casi, soprattutto in pazienti di sesso maschile. La spiegazione di questa prevalenza sembra trovare la sua spiegazione nell'interessamento di questa trombosi, prevalentemente da sforzo, nell'arto dominante. Teorie più complesse coinvolgono il legamento costo-claveare destro a livello della vena succlavia oppure la differente anatomia dei due assi venosi succlavi; il destro infatti presenta un angolo minore di 90' con l'asse della vena anonima. Ma solo il cronico ripetersi di microtraumatismi a livello della parete dell'asse axillo-succlavio provoca "meccanicamente" il danno fibrotico ed il rallentamento del ritorno venoso, scatenante la trombosi venosa.

Questi microtraumatismi possono essere l'esito finale dell'alterazione funzionale del cingolo scapolo-omerale, provocata a sua volta da un evento traumatico maggiore.

Roos a questo proposito sottolinea come 2/3 dei pz. da lui esaminati (circa 5000 casi), presentano la comparsa o l'aggravamento dei sintomi di una TOS dopo il verificarsi di un evento traumatico.

La contemporanea presenza dei sintomi di una TOS e di un progresso evento traumatico varia a seconda degli studi esaminati:

- per Butt e coll. si verifica nel 16% dei casi;

- per Devin e coll. nel 44%;

- per Sanders e coll. dal 74% al 92% dei casi.

Nella nostra esperienza su 75 casi di TOS trattati chirurgicamente (52 per via sovraclaveare, 23 per via ascellare) solo 4 pazienti (5,3%) presentavano all'ingresso una trombosi dell'asse axillo-succlavio e nessuno in fase acuta (osservazioni dopo un periodo variabile da 1 mese a 6 mesi dall'evento patologico).

Tutti i 4 pazienti erano di sesso maschile, di età compresa tra i 23 e i 32 anni, sportivi (giocatore di pallacanestro a livello amatoriale, un giocatore di football americano, un calciatore, un culturista); in 2 casi l'arto interessato era il destro e nessuno dei pazienti aveva riferito precedentemente di sintomi riconducibili ad una pregressa patologia dello stretto toracico superiore. In tutti i 4 casi giunti alla nostra osservazione si trattava di trombosi vere dell'asse axillo-sucelavio, insorte in modo subacuto, nelle ore notturne. La terapia eseguita al momento del riconoscimento patologico, in altra sede, era stata in 3 casi condotta con eparina calcica a dosaggio terapeutico (0,5 cc. x 2/die s.c.) e con sollevamento dell'arto.

In tutti i casi giunti alla nostra osservazione l'anamnesi era positiva verso progressi episodi traumatici coinvolgenti l'arto superiore, il cingolo scapolo omerale o il collo.

Ad un accurato esame anamnestico, obbiettivo, clinico e strumentale è stato possibile accertare il coinvolgimento dell'arto superiore controlaterale in 3 casi su 4.

In 2 pazienti affetti da trombosi venosa dell'asse axillo succlavio abbiamo eseguito un intervento chirurgico di resezione della I costa per via transascellare (sec. Roos) al fine di permettere la detensione dei circoli collaterali, mentre in 1 caso abbiamo asportato una costa sovrannumeraria cervicale, completa, ed in 1 caso abbiamo eseguito una scalenotomia.

L'asportazione della I' costa trova la sua spiegazione razionale nel permettere alla vena succlavia di ricevere il flusso della vena cefalica, specie nelle situazioni in cui ad una occlusione dell'asse axillo-succlavio segue una sua anche parziale ricanalizzazione. Nella stessa condizione sempre l'asportazione della I' costa riduce la compressione esistente a livello della giunzione tra la vena succlavia e l'anonima.

La via transascellare, da noi elettivamente seguita nei cai di esportazione della I costa, è stata scelta al fine di raggiungere nel modo meno invasivo la giunzione sterno-costale asportando così totalmente la I costa stessa.

E' opportuno ricordare che un trattamento conservativo di questa patologia venosa solitamente non conduce a miglioramenti dal punto di vista clinico sulla "claudicatio" venosa (riduzione dell'affaticamento e dell'edema dopo sforzo dell'arto superiore) una volta instauratasi.

Il ricorso alla chirurgia è altresì necessario: sia nei casi di mancato ritorno ad un sufficente standard funzionale (chirurgia mirata alla decompressione estrinseca dell'asse venoso), che in quelli nei quali non ancora verificatosi l'evento trombotico, siano però presenti i segni clinici e strumentali di una compressione intermittente sugli assi venosi stessi (chirurgia preventiva sempre mediante l'asportazione della prima costa).

Non abbiamo mai rilevato, nei casi giunti alla nostra osservazione, la presenza di un nervo frenico in posizione anteriore rispetto alla vena succlavia (riportata da alcuni Autori come causa scatenante una patologia compressiva estrinseca (trombotica o meno) sulla asse venoso succlavio (Shroeder e Green riferiscono l'incidenza del 4% per questa variazione anatomica (4), mentre Hovelacque su uno studio autoptico eseguito su 138 casi riporta il 7% (5)).

Caso clinico

Il paziente, un uomo di 24 anni giocatore di football americano, asintomatico per una precedente TOS, presenta all'anamnesi la frattura pregressa della I costa a sinistra, guarita con formazione di callo osseo esuberante.
A distanza di 3 anni dal precedente evento traumatico, comparsa di edema dell'arto superiore, reticolo venoso superficiale, riduzione del termotatto colorazione sub-cianotica della cute e discreta impotenza funzionale. Il paziente viene sottoposto a terapia di tipo fisiatrico (trazioni e ionoforesi) in seguito alla riferita sintomatologia algica, con buona risposta sulla sintomatologia dolorosa, ma senza riduzione della "claudicatio" venosa.
Il paziente in esame giunge alla nostra osservazione 7 mesi dopo, in seguito alla persistenza dei sintomi della "claudicatio" venosa e di algie in sede sovrascapolare e occipitale, durante l'esecuzione dei consueti schemi di allenamento. Il paziente viene sottoposto ad uno screening nei confronti dei più comuni disturbi della coagulazione (carenza di AT III o sua alterazione qualitativa, piastrinosi, disfibrinogemia, ecc.), pur non presentando nessuna famigliarità verso queste forme patologiche, con esito negativo.
Sottoposto a flebografia dinamica, non si rileva alcuna ricanalizzazione del'asse venoso leso mentre è evidente la presenza di un ricco circolo collaterale (Fig. 1)(Per le figure si rimanda alla versione cartacea del Bollettino).
Dopo l'esecuzione dell'esame flebografico sopraccennato, il paziente viene studiato eseguendo un'angiografia digitalizzata (per via venosa) dell'asse arterioso axillo-succlavio sinistro, positiva per la compressione dell'arteria sucelavia a livello costo-claveare, ma negativa per compressioni estrinseche da parte del tendine del muscolo piccolo pettorale.
Si esegue a completamente delle indagini diagnostiche e al fine d'indirizzare l'iter terapeutico una RM escludendo la presenza di anomalie congenite delle coste cervicali, di megaapofisi o di benderelle congenite, articolate con la prima costa.

Si sottopone il paziente ad intervento di resezione ed esportazione della I costa per via ascellare, più per permettere il rientro del circolo collaterale della vena cefalica (nei casi di realizzazione anche solo parziale della vena succlavia) che allo scopo dì favorire l'ampliamento della rete venosa collaterale (6) e soprattutto al fine di eliminare la coesistente compressione sull'arteria succlavia.

Durante l'intervento si riscontra la presenza di callo osseo esuberante sulla I costa nel progresso focolaio di frattura e l'adesione della vena succlavia sui tessuti circostanti (fibrosi reattiva, associata ad un vasto intreccio di venule), che hanno reso proibitivo il completamente dell'intervento programmato (pur eseguendo un accesso combinato sovraclaveare e transascellare) ed ha fatto ripiegare sulla sola scalenotomia.

Il paziente viene dimesso in decima giornata. A distanza di 30 giorni dell'intervento, si rileva comunque la riduzione della sintomatologia algica e dell'affaticamento all'esecuzione dei precedenti schemi d'allenamento, con estensione e costante sviluppo della resistenza allo sforzo del paziente stesso (in attesa di un follow up maggiore).

A questo proposito ricordiamo l'esperienza di Daskalakis ed altri Autori, secondo i quali la decompressione dell'asse venoso axillo-sueclavio ottenuta attraverso la resezione del muscolo scaleno anteriore, del muscolo succlavio, di benderelle congenite, conduce nell' 83% dei casi ad un miglioramento clinico della sintomatologia venosa (valutata con la riduzione della pressione venosa stessa a carico dell'arto superiore).

Conclusioni

In conclusione, nei confronti di questa rara complicanza, riteniamo opportuno evidenziare i seguenti punti:

bisogna seguire un'accurata linea di condotta diagnostica mirata alla conferma del meccanismo eziopatogenetico:

- trombosi da sforzo o primitiva,

- trombosi provocata da anomalie del sistema

- coagulativo associata ad una delle seguenti anomalie, arco ascellare di Langer,

- anomalie da coste cervicali (rare),

- anomalie secondarie (post-traumatiche) della I costa o della clavicola (rare),

- compressione da parte del tendine del muscolo piccolo pettorale,

- compressione nello spazio costo-claveare;

infatti proprio in quest'ultima situazione possono verificarsi le modificazioni parietali (endoteliali) che sfociano in una trombosi venosa da sforzo (primitiva).

Questo spazio può presentare delle ampie variazioni nella sua "situazione" anatomica, secondarie ai movimenti della clavicola che modificano l'angolo esterno dello spazio costo-coracoideo:

1) in posizione di riposo, braccio leggermente addotto sul tronco, l'angolo misura circa 250, la vena non risulta compressa.

2) trasportando un oggetto pesante, l'apice della spalla si abbassa, chiudendo l'angolo in questione riducendolo a circa 14', la vena può essere compressa tra il bordo inferiore (fibroso) dei muscolo succlavio e la prima costa.

3) con l'abduzione dell'arto superiore, sino a circa 1 1 00, la vena non subisce nessuna compressione, in seguito aììa "verticalizzazione" del muscolo succlavio, che aumenta ulteriormente lo spazio intorno alla vena; al di sopra dei 1100 di abduzione, la vena succlavia viene "schiacciata" contro il bordo inferiore del muscolo succlavio.

Dal reseconto soprariportato risulta come lo stretto costo-claveare non sia una rigida struttura ossea, bensì uno spazio osteo-muscolare, circondato in avanti ed in alto da tessuto fibroso; in adduzione la "pinza" costo-coracoidea si chiude sulla vena, in iperabduzione (> 110°), la vena si appiattisce sul bordo inferiore del muscolo succlavio.

Il costante ripetersi di movimenti comportanti abduzione, adduzione e il trasporto di oggetti pesanti, può provocare dei cronici micro-traumi della parete della vena succiavia, una trasformazione fibrosa delìa parete stessa che può sfociare in una stenosi permanente dell'asse venoso.

La congiunzione di questa stenosi e della valvola di "Tagariello" a valle, può creare una zona di stasi e successivamente una TVP specie in presenza di altri fattori favorenti una trombosi: terapie ormonali, deficit di AT III, presenza di LAC, ecc.

La presenza di un callo 'vizioso", esuberante, provocato dall'estrema instabilità del focolaio di frattura è di sovente riportato a livello claveare, essendo causa di un restringimento dello spazio costo-claveare. Al contrario, il callo "vizioso" della I costa è eccezzionalmente compressivo. Per Sanders e coli. i sintomi di una patologia venosa non si ritrovano che nel 5% dei pazienti affetti da una sindrome dello stretto toracico post-traumatica vera.

Non esiste una sola eziologia della trombosi venosa axillo-succlavia, riconducibile alla sola presenza di un'anomalia anatomica o di un solo preciso movimento, pur essendo la compressione diretta tra clavicola e i costa suggerita da molti Autori come il "primum movens" nella maggior parte dei casi.

Ad esempio Kunkel e Machleder riportando delle osservazioni su 17 pazienti sottoposti a resezione della I costa per via trans-ascellare, dopo la TVP axillo- succlavia, evidenziarono come tutti i 17 pazienti presentavano delle concomitanti anomalie capaci di comprimere "meccanicamente" la vena succlavia al passaggio sulla I costa: 9 pazienti presentavano un'esostosi esuberante a livello della I costa, a livello dell'inserzione del tendine del muscolo succlavio e della scaleno anteriore; 12 pazienti una notevole ipertrofia del muscolo e del tendine del succlavio e dello stesso scaleno anteriore (più la presenza già ricordata di un nervo frenico a decorso anteriore rispetto alla vena succlavia).

Bibliografia

1) Shubart P.J., Haeberlin J.R., Porter J.M.: Intermittent subclavian venous obstruction: utility of venous pressure gradients. Surgery 1986; 99:365-368.

2) Perler B.A., Mitchell S.E.: Percutaneous transluminal angioplasty and transaxillary first rib resection: a multidisciplinary approach to the thoracic outlet syndrome. Am Surgeon 1986; 52:485-488.

3) Gloviczki P., Kazmier F.J., Hollier LH.: Axillary subclavian venous

occlusion: the morbidity of a nonlethal disease. j Vasc Surg 1986; 4:333-337.

4) Schroeder W.E., Green F.R.: Phrenic nerve injuries. report of case, anatomical and experimental researches, and critical review of the literature. Am j Med Sci 1902; 123: 196-220.

5) Hovelacque A., Monod O., Evrard H., Beuzart J.: Etude anatomique du nerf phrenique pre-veineux. Ann D'Anatomie Path 1936; 13:518-522.

6) EtheredgeS., Wilbur B., Stoney R.J.: Thoracic outlet syndrome. Am J Surg 1979; 138:175:182.


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