LA TROMBOSI VENOSA AXILLO-SUCCLAVIA:
COMPLICANZA RARA IN UN CASO DI T.O.S.
DA FRATTURA "ISOLATA" DELLA PRIMA COSTA
G. Di Luca, G. Sironi, S. Losa
Istituto Ortopedico Gaetano Pini
Sezione di Chirurgia Vascolare
Primario: Dr. G. Sironi
Riassunto
La trombosi venosa profonda (TVP) rappresenta la complicanza
più rara (1,5%) in corso di una Thoracie Outlet Syndrome (TOS).
Gli Autori riferendosi alla loro casistica, registrano
la stessa percentuale d'incidenza (5,3%), descrivono un raro caso di TVP
axillo-succlavia in una TOS post-traumatica da frattura della I costa,
riconsiderando i meccanismi eziopatogenetici in causa.
Introduzione
Isintomi venosi sono presenti solo nel 4% dei casi di una Thoracic
Outlet Syndrome (TOS).
Ancora più raro è il verificarsi di una trombosi venosa
dell'asse axillo-succlavio in queste situazioni, variando dall'1,5% al
5% dei casi (l-2). Gloviczki (3) riporta un'incidenza di sintomi venosi
nel 3,5% dei pz. affetti da TOS come risulta da una revisione casistica
di 969 pazienti.
L'arto superiore destro è interessato nei 2/3 dei casi, soprattutto
in pazienti di sesso maschile. La spiegazione di questa prevalenza sembra
trovare la sua spiegazione nell'interessamento di questa trombosi, prevalentemente
da sforzo, nell'arto dominante. Teorie più complesse coinvolgono
il legamento costo-claveare destro a livello della vena succlavia oppure
la differente anatomia dei due assi venosi succlavi; il destro infatti
presenta un angolo minore di 90' con l'asse della vena anonima. Ma solo
il cronico ripetersi di microtraumatismi a livello della parete dell'asse
axillo-succlavio provoca "meccanicamente" il danno fibrotico ed il rallentamento
del ritorno venoso, scatenante la trombosi venosa.
Questi microtraumatismi possono essere l'esito finale dell'alterazione
funzionale del cingolo scapolo-omerale, provocata a sua volta da un evento
traumatico maggiore.
Roos a questo proposito sottolinea come 2/3 dei pz. da lui esaminati
(circa 5000 casi), presentano la comparsa o l'aggravamento dei sintomi
di una TOS dopo il verificarsi di un evento traumatico.
La contemporanea presenza dei sintomi di una TOS e di un progresso evento
traumatico varia a seconda degli studi esaminati:
- per Butt e coll. si verifica nel 16% dei casi;
- per Devin e coll. nel 44%;
- per Sanders e coll. dal 74% al 92% dei casi.
Nella nostra esperienza su 75 casi di TOS trattati chirurgicamente (52
per via sovraclaveare, 23 per via ascellare) solo 4 pazienti (5,3%) presentavano
all'ingresso una trombosi dell'asse axillo-succlavio e nessuno in fase
acuta (osservazioni dopo un periodo variabile da 1 mese a 6 mesi dall'evento
patologico).
Tutti i 4 pazienti erano di sesso maschile, di età compresa tra
i 23 e i 32 anni, sportivi (giocatore di pallacanestro a livello amatoriale,
un giocatore di football americano, un calciatore, un culturista); in 2
casi l'arto interessato era il destro e nessuno dei pazienti aveva riferito
precedentemente di sintomi riconducibili ad una pregressa patologia dello
stretto toracico superiore. In tutti i 4 casi giunti alla nostra osservazione
si trattava di trombosi vere dell'asse axillo-sucelavio, insorte in modo
subacuto, nelle ore notturne. La terapia eseguita al momento del riconoscimento
patologico, in altra sede, era stata in 3 casi condotta con eparina calcica
a dosaggio terapeutico (0,5 cc. x 2/die s.c.) e con sollevamento dell'arto.
In tutti i casi giunti alla nostra osservazione l'anamnesi era positiva
verso progressi episodi traumatici coinvolgenti l'arto superiore, il cingolo
scapolo omerale o il collo.
Ad un accurato esame anamnestico, obbiettivo, clinico e strumentale
è stato possibile accertare il coinvolgimento dell'arto superiore
controlaterale in 3 casi su 4.
In 2 pazienti affetti da trombosi venosa dell'asse axillo succlavio
abbiamo eseguito un intervento chirurgico di resezione della I costa per
via transascellare (sec. Roos) al fine di permettere la detensione dei
circoli collaterali, mentre in 1 caso abbiamo asportato una costa sovrannumeraria
cervicale, completa, ed in 1 caso abbiamo eseguito una scalenotomia.
L'asportazione della I' costa trova la sua spiegazione razionale nel
permettere alla vena succlavia di ricevere il flusso della vena cefalica,
specie nelle situazioni in cui ad una occlusione dell'asse axillo-succlavio
segue una sua anche parziale ricanalizzazione. Nella stessa condizione
sempre l'asportazione della I' costa riduce la compressione esistente a
livello della giunzione tra la vena succlavia e l'anonima.
La via transascellare, da noi elettivamente seguita nei cai di esportazione
della I costa, è stata scelta al fine di raggiungere nel modo meno
invasivo la giunzione sterno-costale asportando così totalmente
la I costa stessa.
E' opportuno ricordare che un trattamento conservativo di questa patologia
venosa solitamente non conduce a miglioramenti dal punto di vista clinico
sulla "claudicatio" venosa (riduzione dell'affaticamento e dell'edema dopo
sforzo dell'arto superiore) una volta instauratasi.
Il ricorso alla chirurgia è altresì necessario: sia nei
casi di mancato ritorno ad un sufficente standard funzionale (chirurgia
mirata alla decompressione estrinseca dell'asse venoso), che in quelli
nei quali non ancora verificatosi l'evento trombotico, siano però
presenti i segni clinici e strumentali di una compressione intermittente
sugli assi venosi stessi (chirurgia preventiva sempre mediante l'asportazione
della prima costa).
Non abbiamo mai rilevato, nei casi giunti alla nostra osservazione,
la presenza di un nervo frenico in posizione anteriore rispetto alla vena
succlavia (riportata da alcuni Autori come causa scatenante una patologia
compressiva estrinseca (trombotica o meno) sulla asse venoso succlavio
(Shroeder e Green riferiscono l'incidenza del 4% per questa variazione
anatomica (4), mentre Hovelacque su uno studio autoptico eseguito
su 138 casi riporta il 7% (5)).
Caso clinico
Ilpaziente, un uomo di 24 anni giocatore di football americano,
asintomatico per una precedente TOS, presenta all'anamnesi la frattura
pregressa della I costa a sinistra, guarita con formazione di callo osseo
esuberante.
A distanza di 3 anni dal precedente evento traumatico, comparsa di
edema dell'arto superiore, reticolo venoso superficiale, riduzione del
termotatto colorazione sub-cianotica della cute e discreta impotenza funzionale.
Il paziente viene sottoposto a terapia di tipo fisiatrico (trazioni e ionoforesi)
in seguito alla riferita sintomatologia algica, con buona risposta sulla
sintomatologia dolorosa, ma senza riduzione della "claudicatio" venosa.
Il paziente in esame giunge alla nostra osservazione 7 mesi dopo, in
seguito alla persistenza dei sintomi della "claudicatio" venosa e di algie
in sede sovrascapolare e occipitale, durante l'esecuzione dei consueti
schemi di allenamento. Il paziente viene sottoposto ad uno screening nei
confronti dei più comuni disturbi della coagulazione (carenza di
AT III o sua alterazione qualitativa, piastrinosi, disfibrinogemia, ecc.),
pur non presentando nessuna famigliarità verso queste forme patologiche,
con esito negativo.
Sottoposto a flebografia dinamica, non si rileva alcuna ricanalizzazione
del'asse venoso leso mentre è evidente la presenza di un ricco circolo
collaterale (Fig. 1)(Per le figure si rimanda alla
versione cartacea del Bollettino).
Dopo l'esecuzione dell'esame flebografico sopraccennato, il paziente
viene studiato eseguendo un'angiografia digitalizzata (per via venosa)
dell'asse arterioso axillo-succlavio sinistro, positiva per la compressione
dell'arteria sucelavia a livello costo-claveare, ma negativa per compressioni
estrinseche da parte del tendine del muscolo piccolo pettorale.
Si esegue a completamente delle indagini diagnostiche e al fine d'indirizzare
l'iter terapeutico una RM escludendo la presenza di anomalie congenite
delle coste cervicali, di megaapofisi o di benderelle congenite, articolate
con la prima costa.
Si sottopone il paziente ad intervento di resezione ed esportazione
della I costa per via ascellare, più per permettere il rientro del
circolo collaterale della vena cefalica (nei casi di realizzazione anche
solo parziale della vena succlavia) che allo scopo dì favorire l'ampliamento
della rete venosa collaterale (6) e soprattutto al fine di eliminare la
coesistente compressione sull'arteria succlavia.
Durante l'intervento si riscontra la presenza dicallo osseo
esuberante sulla I costa nel progresso focolaio di frattura e l'adesione
della vena succlavia sui tessuti circostanti (fibrosi reattiva, associata
ad un vasto intreccio di venule), che hanno reso proibitivo il completamente
dell'intervento programmato (pur eseguendo un accesso combinato sovraclaveare
e transascellare) ed ha fatto ripiegare sulla sola scalenotomia.
Il paziente viene dimesso in decima giornata. A distanza di 30 giorni
dell'intervento, si rileva comunque la riduzione della sintomatologia algica
e dell'affaticamento all'esecuzione dei precedenti schemi d'allenamento,
con estensione e costante sviluppo della resistenza allo sforzo del paziente
stesso (in attesa di un follow up maggiore).
A questo proposito ricordiamo l'esperienza di Daskalakis ed altri Autori,
secondo i quali la decompressione dell'asse venoso axillo-sueclavio ottenuta
attraverso la resezione del muscolo scaleno anteriore, del muscolo succlavio,
di benderelle congenite, conduce nell' 83% dei casi ad un miglioramento
clinico della sintomatologia venosa (valutata con la riduzione della pressione
venosa stessa a carico dell'arto superiore).
Conclusioni
In conclusione, nei confronti di questa rara complicanza, riteniamo
opportuno evidenziare i seguenti punti:
bisogna seguire un'accurata linea di condotta diagnostica mirata
alla conferma del meccanismo eziopatogenetico:
- trombosi da sforzo o primitiva,
- trombosi provocata da anomalie del sistema
- coagulativo associata ad una delle seguenti anomalie, arco ascellare
di Langer,
- anomalie da coste cervicali (rare),
- anomalie secondarie (post-traumatiche) della I costa o della clavicola
(rare),
- compressione da parte del tendine del muscolo piccolo pettorale,
- compressione nello spazio costo-claveare;
infatti proprio in quest'ultima situazione possono verificarsi le modificazioni
parietali (endoteliali) che sfociano in una trombosi venosa da sforzo (primitiva).
Questo spazio può presentare delle ampie variazioni nella sua
"situazione" anatomica, secondarie ai movimenti della clavicola che modificano
l'angolo esterno dello spazio costo-coracoideo:
1) in posizione di riposo, braccio leggermente addotto sul tronco,
l'angolo misura circa 250, la vena non risulta compressa.
2) trasportando un oggetto pesante, l'apice della spalla si abbassa,
chiudendo l'angolo in questione riducendolo a circa 14', la vena può
essere compressa tra il bordo inferiore (fibroso) dei muscolo succlavio
e la prima costa.
3) con l'abduzione dell'arto superiore, sino a circa 1 1 00, la vena
non subisce nessuna compressione, in seguito aììa "verticalizzazione"
del muscolo succlavio, che aumenta ulteriormente lo spazio intorno alla
vena; al di sopra dei 1100 di abduzione, la vena succlavia viene "schiacciata"
contro il bordo inferiore del muscolo succlavio.
Dal reseconto soprariportato risulta come lo stretto costo-claveare
non sia una rigida struttura ossea, bensì uno spazio osteo-muscolare,
circondato in avanti ed in alto da tessuto fibroso; in adduzione la "pinza"
costo-coracoidea si chiude sulla vena, in iperabduzione (> 110°), la
vena si appiattisce sul bordo inferiore del muscolo succlavio.
Il costante ripetersi di movimenti comportanti abduzione, adduzione
e il trasporto di oggetti pesanti, può provocare dei cronici micro-traumi
della parete della vena succiavia, una trasformazione fibrosa delìa
parete stessa che può sfociare in una stenosi permanente dell'asse
venoso.
La congiunzione di questa stenosi e della valvola di "Tagariello" a
valle, può creare una zona di stasi e successivamente una TVP specie
in presenza di altri fattori favorenti una trombosi: terapie ormonali,
deficit di AT III, presenza di LAC, ecc.
La presenza di un callo 'vizioso", esuberante, provocato dall'estrema
instabilità del focolaio di frattura è di sovente riportato
a livello claveare, essendo causa di un restringimento dello spazio costo-claveare.
Al contrario, il callo "vizioso" della I costa è eccezzionalmente
compressivo. Per Sanders e coli. i sintomi di una patologia venosa non
si ritrovano che nel 5% dei pazienti affetti da una sindrome dello stretto
toracico post-traumatica vera.
Non esiste una sola eziologia della trombosi venosa axillo-succlavia,
riconducibile alla sola presenza di un'anomalia anatomica o di un solo
preciso movimento, pur essendo la compressione diretta tra clavicola e
i costa suggerita da molti Autori come il "primum movens" nella maggior
parte dei casi.
Ad esempio Kunkel e Machleder riportando delle osservazioni su 17 pazienti
sottoposti a resezione della I costa per via trans-ascellare, dopo la TVP
axillo- succlavia, evidenziarono come tutti i 17 pazienti presentavano
delle concomitanti anomalie capaci di comprimere "meccanicamente" la vena
succlavia al passaggio sulla I costa: 9 pazienti presentavano un'esostosi
esuberante a livello della I costa, a livello dell'inserzione del tendine
del muscolo succlavio e della scaleno anteriore; 12 pazienti una notevole
ipertrofia del muscolo e del tendine del succlavio e dello stesso scaleno
anteriore (più la presenza già ricordata di un nervo frenico
a decorso anteriore rispetto alla vena succlavia).
Bibliografia
1)Shubart P.J., Haeberlin J.R., Porter J.M.: Intermittent subclavian
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the thoracic outlet syndrome. Am Surgeon 1986; 52:485-488.
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4) Schroeder W.E., Green F.R.: Phrenic nerve injuries. report of case,
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5) Hovelacque A., Monod O., Evrard H., Beuzart J.: Etude anatomique
du nerf phrenique pre-veineux. Ann D'Anatomie Path 1936; 13:518-522.