Il restauro

 

Il progetto di recupero di questo integro esempio di archeologia industriale, si è posto come obiettivo principale quello di non modificare l’ambiente visivo e sensoriale. Il ripristino delle murature e delle macchine non doveva perdere il fascino della penombra, e conservare lo spessore tattile dell’aria che vi stagnava ancora greve e untuosa, e nella quale da secoli si lavorava.

Nello stesso tempo bisognava renderlo fruibile per un corretto e consapevole intervento, nel rispetto del suo valore e della sua specificità.

L’edificio presenta all’interno due tipi di strutture portanti, entrambe mantenute; il primo antecedente al 1935 quando la forza motrice era l’acqua, l’altro posteriore quando sono stati installati i motori elettrici.

trave.jpg (12236 bytes)La struttura del plafone originario è costituita da una sola grande trave appoggiata ai muri laterali e a una colonna di granito, completata da travetti e soprastante tavole purtroppo manomesse durante la ristrutturazione nel 1988 del piano soprastante.

Nel 1936 viene modificato il corso del Lambro, l’impianto della forza motrice viene elettrificato; di conseguenza il solaio ha bisogno di essere irrigidito, poiché il movimento delle macchine è tale che tutta la struttura dell’edificio entra in vibrazione, al punto che molte tegole scivolano direttamente nel fiume Lambro. È stata perciò aggiunta in quell’epoca, a sostegno della trave in legno principale, una serie di putrelle incrociate, e due colonne di ghisa diverse tra loro, perché materiale di recupero (nella foto a sinistra si vede il plafone del Mulino: si nota la presenza della colonna in pietra, originario del solaio in legno, e di quello in ghisa che regge la struttura metallica aggiunta nel 1936 al momento dell'elettrificazione dell'impianto) .

Queste due strutture in legno e ferro, che indicano chiaramente le due epoche e le modifiche avvenute, sono state rispettate, apportando solo piccoli interventi di consolidamento e rifinitura. In particolare la parte in legno è stata sottoposta ad accurata pulizia completata da interventi risanatori e conservatori specifici, mettendo in luce le tracce degli spostamenti degli ingranaggi dalla lavorazione con l’energia idraulica a quella con energia elettrica.

fig25.jpg (8117 bytes)Il pavimento è costituito da lastre di beola e di pietra scura di varie dimensioni; durante il suo riordino e consolidamento è stato portato alla luce un vano rettangolare di mt. 3,50 x 0,80 a sezione semicircolare, sede di una vecchia ruota interna, legata a un’attività diversa, precedente al 1871. Questo vano (che vediamo in una foto qui a destra dove si nota il punto di innesto interno del perno della ruota e il vano sottostante per la ruota della folla prima del 1871, mentre il canaletto nel pavimento portava i tubi dell'acqua dalla pompa al torchio), è stato reso visibile chiudendolo con lastre di cristallo a livello pavimento. La presenza di una ruota è riscontrabile dalle tracce circolari lasciate sul vecchio intonaco.

Inoltre sono state trovate le posizioni di due pompe ad acqua, rese evidenti dai ganci in ferro di fissaggio dei basamenti, che sono stati lasciati in vista, e dai canaletti interrati coperti da tavole in legno dove trovavano sede i tubi dell’acqua di alimentazione; una pompa, forse la più antica, era posta nei pressi del vano della ruota interna, un’altra a sinistra della colonna di granito.

I Colombo usavano due pompe che servivano due presse; nel 1960, quando il lavoro diminuì, venne eliminata una delle pompe e la sua relativa pressa. Prima di questa drastica riduzione esistevano due presse con nel mezzo una pompa, dove oggi è la pressa superstite, mentre la seconda pompa era sistemata vicino alla colonna di granito.

Una parte di pavimento in piastrelle di cotto, forse precedente a quello di pietra, è venuto alla luce in una piccola zona posta tra il muro di fondo del locale e il torchio.

La muratura è costituita da mattoni pieni con inserimento di pietre di recupero verso l’esterno, ed è stata lasciata in vista negli archi e nelle zone più interessanti, dove si sono potuti recuperare elementi utili, come quelli dei perni della ruota del mulino, sia internamente sia esternamente.

finestre.jpg (14832 bytes)Durante i lavori si è potuto costatare che le spalle del vano d’ingresso avevano una struttura a mattoni rotti, mentre l’arco superiore era stato costruito come tale; ciò ci ha fatto capire che la porta è stata ricavata in un secondo tempo, allungando fino a terra l’originaria finestra ad arco simile a quella che prospetta verso il Lambro.

Gli intonaci interni si presentavano per tutta la parte bassa molto rappezzati, con malte diverse, se non addirittura rifatti con malte povere nei punti più rovinati dalla sporchevole lavorazione, mentre nelle zone superiori si sono ritrovati intonaci molto vecchi eseguiti con calce viva e sabbia. Analizzando gli intonaci della parte superiore si è ricavato un analogo impasto a base di grassello di calce e sabbia Ticino, che è servito per il restauro; gli intonaci vecchi sono stati mantenuti e messi in evidenza con una tinta a calce leggermente più scura.

All’interno del vano recuperato sotto il pavimento esistente, dove era alloggiata una ruota interna, l’intonaco è rimasto quello originario, con i segni dell’attrito della ruota; da tali incisioni si è potuto capire il diametro della stessa.fig29.jpg (20376 bytes)

Nessun intervento è stato fatto nella zona del forno, dove è stato lasciato l’intonaco nello stato in cui ci è pervenuto, per mettere in evidenza la particolare superficie formatasi in seguito agli spruzzi della lavorazione del materiale trattato nel torchio. Sempre in questa zona sono stati lasciati in loco gli oggetti e le foto di campioni sportivi dell’epoca, che i lavoranti appendevano al muro, e sono state risistemate le due lampade che davano luce a tutti e due gli ambienti.

In quello che è oggi un piccolo cortile, fino al 1936 scorreva l’acqua del Lambro, che poi s’incanalava attraverso un arco e passava sotto l’edificio per uscire in via De Amicis. Questo spazio veniva chiamato gora.

fig28.jpg (18969 bytes)In un primo tempo sono stati prima scoperti i profili in granito delle chiuse (foto in alto a destra: battuta in granito delle paratie della gora), posti nella parte bassa dei due corpi prospicienti, poi, scavando per una profondità di circa cm. 70 su tutta la superficie del cortile (nella foto in alto a sinistra si nota l'unico muro portante rimasto nella gora, costituito da massi di ceppo, la cui punta è sagomata in granito), è stato trovato il muro di ceppo largo cm. 35 e profondo oltre mt. 3, sul quale si appoggiavano le due ruote in ferro; quella di sinistra che serviva al Mulino Colombo con diametro di circa mt. 5, e quella di destra che serviva ad un mulino per officina meccanica. Una terza ruota forse esisteva sulla facciata della casa verso ovest, dove ora si trova un piccolo giardino, per utilizzare anche l’acqua che lambiva questo lato.

Il muro di sostegno delle ruote, ora messo in luce, è costituito da grossi massi di ceppo tenuti insieme da zanche metalliche e ha una punta sagomata in granito corrispondente ai profili laterali delle chiuse. Sulla parte superiore sono chiaramente leggibili le sedi dei sostegni delle ruote che si trovano in asse con le rispettive nicchie nelle murature esterne di sinistra (qui a sinistra la foto del punto di innesto della gora della ruota motrice del Mulino Colombo) e di destra.

fig26.jpg (20120 bytes)Sulla parte inferiore delle facciate sono poi stati messi in evidenza anche i mozziconi delle putrelle che una volta sostenevano la passerella in tavole di legno sulla quale il mugnaio manovrava le paratie delle due chiuse, e, al di sopra, la coppia di putrelle dove era impostato il sistema di manovra con ruote delle paratie stesse (sempre foto in alto a destra).

Sulla parete di destra della gora è stato messo in evidenza nell’intonaco anche l’inserimento di due pezzi di ruota in pietra, usati come materiale da costruzione (visibili in questa foto a destra). Queste ruote, per la loro particolare sagomatura, servivano per macinare grano e vari tipi di granaglie, ed avevano movimento orizzontale.

L’odierno ingresso del mulino e l’uscita sulla sponda del Lambro erano chiusi solo da grandi ante in legno che sono state mantenute. Dovendo però preservare i locali, è stata realizzata un’impennata in ferro a profili normali e vetro di sicurezza per l’ingresso principale, mentre per la porta verso il Lambro e per il passaggio ad arco interno con la proprietà confinante, sono stati sistemati dei telai fissi in ferro e vetro di sicurezza, ciò che dà la possibilità di avere continuità di veduta sia verso i locali interni sia verso il Lambro.