La storia dell'edificio

 

L’edificio del Mulino Colombo, nelle antiche carte denominato "Mulino di San Gerardino", era originariamente costituito da due lunghi corpi staccati costruiti longitudinalmente al corso dell’acqua, che in quel punto era diviso in tre rami. Nello spazio interno tra i due corpi – detto "gora" – erano inserite le ruote. Questa configurazione è rilevabile sia nella più antica pianta di Monza, quella tracciata nel 1722 da Giovanni Filippini (fig. 15), sia nella planimetria disegnata da Paolo Villa nel 1838. Solo nella pianta del 1855 di Antonio Falda (fig. 16) i due corpi appaiono uniti, come si riscontra oggi, con la caratteristica forma a U. Dal documento più antico che è stato possibile recuperare, datato 1807macina1871.jpg (11080 bytes), si rileva che proprietario del corpo di destra del Mulino, guardando da via De Amicis, era la famiglia Bonsaglio, mentre da altro documento del 1840, proprietari del corpo di sinistra, corrispondente al N° civico 485 della Città di Monza, risultano essere i fratelli e le sorelle Pagnoni. La prima data certa, che riguarda la lavorazione dell’olio nell’edificio, è quella incisa sulla ruota, il 1871 (nella foto a destra).

Precedentemente era in atto un altro tipo di lavorazione; infatti durante i lavori di restauro è stata trovata sotto il pavimento una fossa semicircolare per una seconda ruota parallela a quella esterna. La fossa della ruota interna ritrovata durante il restauro, come raccontava il signor Mario Colombo al suo dipendente Luigi Cavenaghi, riceveva acqua dal Lambro attraverso la gora, ed era rimasta aperta per molto tempo anche quando il Mulino era diventato Frantoio, solo per avere a disposizione l’acqua all’interno; in un secondo tempo era stata chiusa con il proseguimento del pavimento.

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lettera.jpg (54328 bytes)Inoltre è stato recuperato anche un disegno a firma dell’ing. Luigi Cernuschi che, in occasione di una perizia per il Tribunale, aveva rilevato la zona della gora (nell'immagine qui sopra), dove molto chiaramente si notano ben quattro ruote divise da tre muri di sostegno; oggi si può solo vedere il muro centrale, che portava due ruote. La certezza della diversa lavorazione precedente al frantoio installato nel 1871, è data dal ritrovamento di un documento notarile relativo all’eredità dei Bonsaglio, datato 2 luglio 1807 (nell'immagine a destra), dove si nomina la "Casa detta della Folla di Monza". In un altro documento del 15 novembre 1860 della Provincia di Milano, distretto di Monza, si elencano i beni del sig. Giuseppe Bonsaglio, e si rileva che al mapp. 2380 esisteva "casa per uso di folla di mezza lana". Va considerato anche il fatto che nella zona del ponte di S. Gerardo è tuttora esistente la casa abitata dalla famiglia di S. Gerardo dei Tintori, poi trasformata nel primo Ospedale di Monza, e che altri mulini si occupavano di follatura (battitura della lana per renderla più compatta) e tintoria.

giuseppe.jpg (3910 bytes)Nel 1910 il signor Giuseppe Colombo (1877-1945) (qui a sinistra in una foto del 1915), proveniente con la famiglia da Asso, dove aveva un altro frantoio, rileva l’attività dal torchiatore signor Giuseppe Bonsaglio, e acquista lo stabile di via De Amicis a Monza.

Al momento del trasferimento la famiglia Colombo è già composta da sei figli, altri sette ne nasceranno a Monza e tutti si occuperanno del frantoio. In particolare il padre – chiamato "olivendolo" nello stato di famiglia del 18 aprile 1928 (nell'immagine qui sotto) – si occuperà della parte commerciale con sempre più frequenti viaggi in Valtellina e nella vicina Svizzera, per smerciare i suoi prodotti: oli per alimentazione e per vari usi industriali e medicamentosi, farina di lino e pannelli per alimentazione del bestiame.

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L’attività nel frantoio è portata avanti dai figli Paolo, Costantino e Mario, mentre la figlia Antonietta si occupa dell’amministrazione generale e del negozio di drogheria prospiciente il ponte, con la collaborazione della sorella Adele. Un altro figlio, Carlo, infermiere a Mombello prima della guerra 40-45, nelle ore libere, con l’olio di seconda spremitura, produce stucco in grande quantità, usando i locali prospicienti il cortile, ora di proprietà Montrasio.

Nel 1936, per costruire la piazza Anita Garibaldi, viene modificato il corso del Lambro: si chiude la roggia molinara e i due canali laterali al Mulino, e si lascia solo il ramo principale; l’edificio, che prima era quasi completamente isolato nell’acqua, viene ora a trovarsi lambito dal Lambro solo sul lato est (qui sotto la planimetria attuale dell'area dove si trova il Mulino).

 

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Da quell’anno la ruota viene tolta e sostituita con due motori elettrici che portano energia alle varie macchine.

Costantino a Paolo lavorano nel Mulino fino al 1935, poi il primo viene richiamato per la guerra d’Africa nel 1936 e successivamente per la guerra 40-45, e muore in Russia nel 1943, mentre il secondo muore di malattia nel 1941.

colombo1.jpg (6509 bytes)colombo2.jpg (4692 bytes)Nel Mulino si continua a lavorare fino alla morte di Mario (ultimo gestore, che vediamo a destra in una foto del 1965 all'interno del Mulino) nel 1969, quando cessa completamente l’attività. La sorella Antonietta (a destra in una foto del 1970 scattata all'interno del negozio), nel 1987, in occasione della vendita della sua parte di proprietà, dona al Comune di Monza i due locali del frantoio, allo scopo di preservare e rendere sempre agibile al pubblico l’edificio in cui la sua famiglia aveva per molti anni lavorato, e dove lei stessa dava la possibilità di visitare il Mulino al pubblico già da molti anni.

La donazione è stata resa possibile dall’impegno e dall’interessamento del Museo Etnologico Monza e Brianza, che ne è stato il promotore fin dall’inizio. Nel 1989 il Comune di Monza provvedeva al restauro dell’edificio.