Sillabe Sparse
di Luca Enoch

Sprayliz HomePage

  Questa rubrichetta non vuole essere niente di speciale; è una raccolta pasticciata di frammenti di testi da brani musicali che mi hanno colpito e che voglio riproporvi, con qualche informazione sui loro autori.

  This page is nothing special; just an unordered list of pieces of lyrics and text which impressed me. This is the reason why I want to show them to you, with some information about their authors.

All Haring images copyright © Estate of Keith Haring. Used by permission.


Sono recentemente incappato in una poetessa che non conoscevo e che secondo me ha dato una delle più belle definizioni di "poesia" che abbia letto, Rachel Korn.

"Ci sono cose che la gente sfiora ma non vede: Un albero, ad esempio, dritto nel mezzo di un campo, solo e sperduto, o una persona che è stata mortificata: Poi arriva il poeta e rivela ciò che nessuno aveva notato.
Guarda e sente. Si può paragonare alla favola della Bella Principessina che viene addormentata da una strega cattiva e che non è né viva né morta. Solo il bacio di un grande amore può risvegliarla dalla sua condizione, E' lo stesso per il poeta. Le cose che sono addormentate, che non hanno avuto una loro illuminazione, il poeta le vede, le scopre dietro le sette pelli della realtà e le risveglia alla vita con il bacio della sua parola".

Rose di Carta

Le mani di Lozer mostravano gli anni e il lavoro
e gli occhi e i seni della sua seconda moglie
erano giovani e le rose di carta alla finestra
lo dicevano al mondo.
Il granaio taceva le folli notti d'amore
le calde lacrime di una donna
e un uomo digrignava i denti nell'oscurità:
"Quando ti diferai del vecchio?"
Ma Lozer cullò la verità come fosse un bambino spaventato
quando vide il letto vuoto accanto al suo
"lavora così poco che la notte può dormire"

Ma una sera
quando la solitudine dell'inverno
cadde su case e alberi
aprì le sue mani stanche
come abbandonando per sempre
i cinque acri di terra e la casa graziosa
frutto di tanto lavoro,
e ogni parola aprì solchi profondi nella terra del dolore:
"Sono vecchio, Dvoyre, non vivrò a lungo,
non fare che i miei occhi vedano questo,
mi vergogno davanti ai miei figli, Dvoyre, mi vergogno".

E i vent'anni della donna
così giovani e tristi
vestirono il giogo
di lunghi giorni e notti
solitarie e alla finestra solo le rose rosse
di carta sorrisero ancora
ai passanti con il loro muto segreto.


Quello che segue è un bel brano tratto da "La Vita Agricola" di Tacito che Daniele Sepe musica molto bene nel suo "Vite Perdute" - Polo Sud.

RAPTORES ORBIS,
POSTQUAM CUNCTA VASTANTIBUS DEFUERE TERRAE,
MARE SCRUTANTUR,
SI LOCUPLES HOSTIS EST, AVARI,
SI PAUPER, AMBITIOSI.
QUOS NON ORIENS, NON OCCIDENS SATIAVERIT.
SOLI OMNIUM OPES ATQUE INOPIAM
PARI ADFECTU CONCUPISCUNT.
AUFERRE TRUCIDARE RAPERE
FALSIS NOMINIBUS IMPERIUM.
ATQUE UBI SOLITUDINEM FACIUNT
PACEM APPELLANT.

Predatori del mondo, adesso che mancano terre alla vostra sete di devastazione,
frugate anche il mare. Avidi se il nemico è ricco, arroganti se è povero. Gente che nè
l'oriente nè l'occidente possono saziare. Solo voi bramate possedere con pari smania
ricchezza e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e con falso nome lo chiamano
impero. Infine dove fanno il deserto, lo chiamano "pace".



Questo è un testo di Daniele Sepe, "Sovietica Vesuvianità" dallo stesso album,
allegramente e crudelmente anarchico.

A nu palo stanno appise
stanno appise tutt'e tre
na fulata 'e viente e move
move o' prete o' fante e o' rré.
Stanno appise a capa sotto
comme é bello a le vedè
nun so loro chiò e padrune
'e chesta terra nè de me.
Ah, fosse bello
nè santi nè guerra
sulo o' mare e a terra
liberi
si o vero tutt'e tre.
e pennesseme

"Io non voglio più essere nuvola.
voglio essere albero.
E mettere radici nella mia terra" (Guillevic)
Composizione calligrafica di Hassan Massondy.


El Ghorba - Esilio
da "Trasmigrazioni" - Voci di popoli migranti

Lo chiamano Esilio
Questo è l'esilio, e queste le sue condizioni
Viviamo in esso e nei suoi tormenti

Dov'è l'umanità?
Si è confusa col razzismo
Dov'è la democrazia? Dov'è la libertà?

Da un paese all'altro, erranti e perduti, perdenti, perdenti e senza prospettive
Costretti a vivere in questo mondo, percorriamo i sentieri dell'impossibile

I nostri diritti e le nostre speranze sono persi, nessuna fratellanza, nessuna solidarietà
Nessun futuro e nessuna speranza, nessuna stabilità, nessuna sicurezza

Emigrati, ovunque emigrati
EMIGRATI DALLE NOSTRE PATRIE ED ERRANTI.



Ara s'envisquen li lumieras scrasàas dal cèl,
aval a l'orizont pian pian veu despareiser Iera,
devino encar lo pòrt de Tolon.

La libertat es l'aire sul morre, aquesta mar es tot çò que ai,
l'aire e la tela, vòli dire, sies estat abituda, vida e pantalh.

Mòri per estre ço que eri, ma vida val la mia fincion,
e dins lo cul aquel Emperi, tuchi i Engles e Napoleon.

Fraire de la mar, fraire de la costa
l'aiga nos pòrta al nòste destin.
La libertat es l'aire e la vela,
LA LIBERTAT, L'ONDA E LO DALFIN.

Joan Peiròl, da "Gibous, Begase e Bandì" - Lou Dalfin
Tolone, 1805. Un uomo di Provenza, che ha vissuto come un corsaro sui mari del sud torna al paese per morire in una battaglia contro gli inglesi, per noia e abitudine al coraggio. Da un'idea di J. Conrad.

Si stanno accendendo le luci, schiacciate dal cielo, laggiù all'orizzonte, pian piano vedo scomparire Hyères, indovino ancora il porto di Tolone/La libertà è l'aria che ti batte in faccia, questo mare è tutto quello che ho, il vento e la tela, voglio dire, siete stati per me abitudine, vita e sogno/Muoio per essere quello che ero, la mia vita vale la mia fine, e nel culo a quell'impero, tutti gli inglesi e Napoleone/Fratelli del mare, fratelli della costa, l'acqua ci porta al nostro destino, la libertà è il vento e la vela, la libertà, l'onda e il delfino.