ARS CONDICIO
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization

La condizione delle opere d'arte in Italia è tipicamente italiana, cioè paradossale; oltre che delicata e a degrado, ovviamente, o a danno irreversibile come potrebbe essere il recente incendio di Torino.
Un passo indietro in questa città: prima del diploma nautico ero con la mia classe, e il professore di macchine, in visita alla Fiat Grandi Motori, e il 23/5/1953 da giornata interessante divenne memorabile. A pranzo si scatenò un temporale talmente violento da rompere i vetri ed avvolgerci nel buio senza corrente elettrica: ma il caos cittadino toccò l'apice quando venne abbattuta la guglia della Mole Antonelliana, a poca distanza dalla cappella del Guarini. La notizia colpi per la dimensione (ma il pinnacolo fu ricostruito) e per la sorpresa (sebbene i fulmini siano imprevedibili).
Infatti non dovrebbe mai stupire la natura nelle sue azioni e reazioni: le prime sono difficilmente contrastabili (cielo e terra hanno moti propri da sempre, anzi un tempo era peggio), le seconde sono il castigo per la crescente attività, industriale e non, dell'uomo (quando la sua energia, pur considerevole, non ha la "saggezza” dell’ambiente che lo ospita).Partiamo dall'ineluttabilità del fato, descritto da Giacomo Leopardi in un'operetta morale (tratto, dallo Zibaldone), in cui un essere umano cerca nel mondo un sito - non era ancora comparsa Internet... - dal clima più accogliente del proprio paese (Islanda); ma la natura sotto le sembianze di una donna gigante lo ferma e dopo un dialogo filosofico gli toglie ogni speranza trasformandolo in mummia (magari è nel Museo Egizio di Torino!).
Pertanto ogni evento, eccezionale quando esula dalla conoscenza delle leggi naturali, può colpire con maggior risonanza ciò che rappresenta al meglio la creatività artistica. Ma situazioni di normalità prevedono l'usura del tempo e del clima, quindi l'intervento doveroso per la conservazione costante e tempestiva; così da evitare comportamenti colposi, sanzionabili anche se non come quelli dolosi ( esistenti e non solo nei boschi).
Si può ripristinare in natura, ma il processo è lungo, e ricostruire i manufatti, se i conti tornano; anche le opere d'arte, non tutte o almeno non esattamente e con lo stesso fascino (non vi é più l'artigianato antico e a volte i materiali), e poi gli stanziamenti sembrano a fondo perduto.
Ad esempio la torre di Pavia e la cattedrale di Noto sono tuttora ruderi - che potrebbero apparire ai posteri ciò che sono per noi le vestigia romane - in cui collimano il logorio del (mal) tempo e la distrazione della (co)scienza. D'altra parte il nostro panorama artistico è vasto e datato, cosi come i nostri disamore e pressapochismo.
Forse vi è "concorso privato e pubblico" nell'incendio che ha distrutto meravigliosi teatri lirici, e anche quello chiamato Fenice non è ancora risorto dalle proprie ceneri.
Valori e capolavori invidiatici da tutto il mondo devono essere sorvegliati al massimo per vanificare attentati, più spesso l'incuria durante i restauri e soprattutto a cantiere non operativo, quando l'occhio umano è assente.
La preparazione professionale e le apparecchiature di sicurezza devono essere superiori al consueto, non importa il costo: similmente come sulle navi in navigazione e in porto, dove succedono lo stesso incidenti (vedere il mio "Mar Condicio" e successive opinioni) ma in proporzione ben inferiore ai rischi potenziali, rispetto a terra.
Provvedere ad una migliore difesa e custodia dei beni culturali implica programmazione e realizzazione, cultura appunto; poi denaro, al netto delle entrate a pagamento che, a mio parere, dovrebbero lievitare in parallelo alla consapevolezza che tali beni sono i veri premi della vita. Invece sprechiamo soldi di tutti, trucchi a parte, in quiz nozionistici in TV, etc..
Ma è tanto facile quanto sterile avanzare proposte senza riscontri, meglio lasciarle ai competenti; tra i quali non vi è un mio amico che ha detto sorridendo: diamo gestione e manutenzione delle nostre opere, con un contratto e per un periodo adeguati, ad operatori finanziari stranieri (garantiti dagli stati) che si avvarranno anche dei turisti delle loro nazioni con indubbio indotto per l'economia, e riavremo le nostre proprietà più sicure ed abbellite.E' un'idea paradossale - e l'italica burocrazia andrebbe in crisi ma non lo è anche l'attuale "Ars Condicio"?

[Bacigalupo: 7 maggio 1997]


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