Vanitas
da Qoèlet in poi
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite per riflettere
Mind, Energy and Civilization



Il titolo riprende il riferimento bibliografico del precedente articolo, così concludendo una mini triologia di pensieri alquanto omogenei e magari un poco stravaganti.
Vanità rima con velleità e vacuità, altresì con volontà e varietà: vediamo se é possibile concordare.
Qoèlet, della stirpe di Davide, re di Gerusalemme, é famoso per il libro nel quale, sotto forma poetica greca, sono espresse molte considerazioni sull'inutilità e nullità dei vari comportamenti umani, deludenti nonostante qualsiasi intenzione costruttiva.
Per contro la vanità — elencazione originaria del II° secolo avanti Cristo, quindi nell'Antico Testamento - potrebbe essere oggi intesa anche in modo positivo, variegato e volitivo, confortante pur veritiero in parte.
Naturalmente nello storico testo prevale il monito negativo, replicato ossessivamente in senso religioso e filosofico, facendo ricorso a immagini allegoriche o realistiche. Come ad esempio la fragilità degli atteggiamenti esistenziali nel "correre dietro al vento che soffia a mezzogiorno poi gira a tramontana, gira e rigira e sopra ai suoi giri ritorna". Prosegue aulico il libro "il sole sorge e il sole tramonta, non c’é nulla di nuovo sotto il sole". E dall'alto cala a livello pratico e si interroga "c‘é forse qualcosa di cui si possa dire: guarda questa é una novità? proprio questa é già stata nei secoli precedenti".
Qoèlet - o Ecclesiaste, pseudonimo di un ebreo di cultura ellenista, componente della comunità ecclesiale - diviene simbolo della radicale negazione di ogni valore conclusivo, perché per ciascuno é effettivamente "vanità delle vanità, tutto é vanità".
Eppure il discendente davidico si propone di "ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo ...con la fatica necessaria imposta da Dio agli uomini" dice l'autore, "meglio una manciata con riposo che due manciate con fatica".
Conscio di "possedere sapienza superiore e più vasta dei suoi predecessori ...sebbene molta sapienza é molto affanno, perché chi accresce il sapere aumenta il dolore".
Durante il suo regno Qoèlet ha creato grandi opere, dai palazzi ai vigneti, ha posseduto molte ricchezze, dagli schiavi agli armenti, ha goduto ogni genere di delizie, dai cantori alle cantatrici.
Tutti questi beni, materiali e psicologici, sono una fortuna rispetto ai tanti che non li dispongono, ma "un'unica sorte é riservata agli esseri umani".
Anzi: chi ha raggiunto con fatica il successo dovrà abbandonare sulla terra ogni risultato ad altri che non vi hanno contribuito, E qui é introdotto il pensiero della successione ai posteri: "c'é un tempo per nascere e un tempo per morire" e nel percorso della vita "un tempo per amare e un tempo per odiare" di conseguenza "un tempo per la guerra e un tempo per la pace"; e cosi via per molte simili alternative contrapposte.
Interessante il richiamo a "meglio vivere in due che uno solo, perché se uno cade l'altro lo rialza": palese il riferimento all‘unione coniugale.
Inoltre una constatazione sociologica "l'errore commesso da un sovrano può significare follia e allora può capitare di vedere schiavi a cavallo e principi a piedi". A tutto questo pessimismo - al limite del nihilismo — fa contrasto una insolita eleganza poetica "dolce é la luce e agli occhi piace vedere il sole e, se l'uomo vive per molti anni, se li godrà tutti". Però avverte: "segui pure le vie del tuo cuore... sappi però che su tutto quanto Dio ti convocherà in giudizio".
Pertanto si può ritenere, come anticipato, che la vanità, corteggiata a piccole dosi, possa talvolta alimentare nell'uomo un'appropriato carico di volontà di azioni e varietà di forme, per progredire anziché vegetare. Può essere un elogio dell'autostima, moderata ma propulsiva nelle relazioni sociali, lavorative, amorose.
Il successo sovente é dovuto alla ricerca di situazioni in cui la vanità, vista con opzionale compiacimento, é quasi una virtù ...trattasi insomma di autoconvinzione di molte ardite debolezze - come chi scrive e pubblica, incluso il sottoscritto - pur accorto che alla fine del tutto Vanitas Vanitatum Vanitas.
Per quanto sopra — sintetizzato dai 12 capitoli del libro — ho tratto lo spunto dai documenti del convegno "L'amore difficile" (2l/05/2008) dedicato alle Parole di Qoèlet in cui hanno dialogato: Gianfranco Ravasi (ora cardinale), Luciano Migliavacca (biblista), Erri De Luca (scrittore), Bruno Maggioni (sacerdote), Umberto Piperno (rabbino). Quest'ultimo oratore ha ricordato che la lettura del libro é fatta nei giorni di Sukkoth, la festa delle Capanne (vedere sul sito l‘articolo "Premessa alla Terra").



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"Vanitas" all rights reserved - 07 dicembre 2014
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