Il morso di Pluto
Sarebbe facile riferirsi ai cartoni animati e difendere quel timido e simpatico cane...
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization

Sarebbe facile riferirsi ai cartoni animati e difendere quel timido e simpatico cane, creatura disneyana amico di topolino, lungi da comportamenti mordaci.

Vi é invece nella società umana un elemento che morde quasi sempre e quasi tutti, a volte provocando dolore, più spesso offrendo piacere.

Parleremo di Pluto, commedia dell'autore greco Aristofane, l'ultima di 44 opere di cui 11 a noi pervenute, rappresentata nel 388 avanti Cristo. Tra le tante rivisitazioni teatrali citiamo quella studentesca, quindi più scanzonata perché argutamente aggiornata, offerta da un liceo classico (La Spezia 6/6/06).Aristofane
Così recita la presentazione: "Il tema é la centralità del denaro nella vita degli uomini: religione, amore, gloria, vittoria dipendono solo dai soldi perché solo la ricchezza apre tutte le porte. Perfino Zeus, il primo degli dei, é onorato dagli uomini soltanto per la prosperità che può assicurare, ma é a sua volta schiavo di Pluto, il dio quattrino, che decide del bene e del male".

Il commediografo é un disincantato polemista, nell'alternanza di parti dialogate e cantate accosta una comicità, anche triviale, a delle invenzioni di fantasia però rappresentative della realtà.

Ecco sinteticamente la trama: "Il povero ed onesto contadino ateniese Cremilo va a Delfi per chiedere all'oracolo di Apollo se, vista la corruzione dei tempi, gli convenga educare suo figlio ad essere disonesto. Il dio gli risponde di prendere con sé il primo uomo che incontrerà uscendo dal tempio: ubbidiente ad Apollo, Cremilo conduce a casa sua il vecchio mendicante cieco seduto per terra davanti al tempio che é, sotto mentite spoglie, il dio della ricchezza Pluto. Questi recuperata la vista con l'aiuto del dio Asclepio, fa arricchire i poveri giusti ed onesti. Irrompe in scena la Povertà adirata, che sostiene i suoi diritti e i vantaggi derivanti da lei: solo il bisogno aguzza l'ingegno, la ricchezza facile rende gli uomini pigri ed oziosi. Cremilo ed i suoi non l'ascoltano e la cacciano via".

La nuova situazione é sconvolgente per i diversi personaggi e la conclusione é una morale paradossale: "Dunque conviene agli uomini rassegnarsi ad accogliere la Povertà e fare tesoro delle sue parole: se Pluto non più cieco dà a tutti uguale parte non sopravvivranno né un mestiere né un'arte".

Ovviamente conviene perseguire con il benessere anche la ricchezza, pur distanziandosi da estremismi dogmatici e fidelizzazioni discutibili: l'antico paragone del denaro come "sterco del diavolo", per contro la divinizzazione tipo la cartamoneta del dollaro (In God we trust). Se la virtù sta nel mezzo, vi stia anche il soldo.

In God we trust

Dopo questa esperienza teatrale ho letto articoli giornalistici critici sulle retribuzioni di dirigenti al vertice di organizzazioni private e pubbliche: cifre elevate in assoluto ed eccessive rispetto a quelle medie del personale da loro diretto.

La prima considerazione é oggettiva: se il bilancio aziendale premia l'impegno e l'ingegno, tanto da retribuire fortemente soprattutto la gerarchia, apparentemente nulla da eccepire; salvo che successivi minori ricavi permettano ancora detti emolumenti. Anzi li giustifichino, sebbene manchi la controprova che altri avrebbero operato meglio (o peggio).

La seconda considerazione é soggettiva, pertanto discrezionale e persino psicologica: non piace certamente agli interessati ed aspiranti tali, in genere ai fautori del rapporto "domanda ed offerta" almeno nell'immediato.

Anzitutto se il guadagno ai "livelli inferiori" non é logorato dal costo della vita, la critica verso le "alte sfere" difficilmente si pone; diversamente serpeggia non soltanto il proprio malcontento bensì un giudizio meritocratico, discutibile ma legittimo, sui benefici dirigenziali..
Pur riconoscendo ai gradi superiori le notevoli complicate responsa­bilità e maggiori rischi di posizione, un loro stipendio lordo 5-10 volte quello medio dei collaboratori può insinuare in questi una sensazione di ridotta autostima; per non parlare di 30-40 volte di alcuni vertici di multinazionali.

Viceversa i dipendenti, ritenendosi persone mediamente o più operanti e pensanti, possono disconoscere in altre, molto retribuite, una sproporzione siffatta di abilità e mentalità, diciamo doti e meriti palesi e duraturi. Infatti le fortune aziendali sono sovente determinate da fattori esterni ed impersonali: sussulti di mercato, variazioni di cambio, squilibri di borsa, novità concorrenziali, umori della clientela, influenze pubblicitarie.

Fattori che ogni dirigenza dovrebbe governare positivamente: ma entro limiti umani, cioé con intelligenza e capacità, che possono superare quelle medie sopra menzionate di poche volte; non quelle di persone un pò troppo pagate. Molte volte tale rapporto capita per artisti e scienziati, gente di varia cultura, la cui genialità però é remunerata soprattutto dalla propria gratificazione morale e mentale. A parte infine i proventi "offensivi" di parecchi personaggi dello spettacolo leggero, palco e campo, e di quelli risibilmente legittimati al facile guadagno; ma questa é un'ovvietà fuori del presente contesto opinionistico: che non é tanto etico quanto prestazionale, rapporto esagerato tra quantità monetaria e qualità professionale.

Un tocco di memoria: per un'assunzione a capo ufficio, Italia 1963, l'American Standard obbligava una visita medica completa e prove attitudinali tra cui il test delle macchie di Rorschach presso uno psichiatra; stipendio annuo lordo, al tempo dell'economia galoppante e riparametrato ad oggi, 50.000 Euro circa.

Lasciamo ai lettori il confronto con i contratti di certi attuali dirigenti e consulenti per ribadire che, nella ricerca e nell'ottenimento del denaro, coesistono godimento e sofferenza: sono i morsi di Pluto.


www.seeandlisten.it/opinioni/egb35.html

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