Ritorno in parete
Alzando lo sguardo verso nord ecco la parete dominante del Lagazuoi...
a cura del cap. d. m. Emilio Giuliano Bacigalupo
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Opinioni raccolte e suggerite quale spunto di riflessione
Energy and Civilization

Dolomiti: al passo Falzarego la chiesetta é dedicata al "Magnificat Anima Mea" e nell'interno una scritta testimonia la tragedia umana della guerra 1915-18 "Tutti avevano la faccia del Cristo nella livida aureola dell'elmetto, tutti portavano l'insegna del supplizio nella croce della baionetta, nelle tasche il pane dell'ultima cena e nella gola il pianto dell'addio".


cartolina: percorso della ferrata Tridentina - gruppo Sella


Questo é l'eco, uno dei tanti, del grido di Benedetto XV "ammonitore dell'inutile strage" che rimbalza lungo l'esteso fronte alpino, compreso il Monte Cristallo sopra Cortina d'Ampezzo come raccontato nel precedente articolo "Ferrata storica".
Alzando lo sguardo verso nord ecco la parete dominante del Lagazuoi con la memoria, in particolare, della galleria del capitano Martini dalla cui cengia gli alpini contrastavano i soldati austriaci sul passo Valdiparola. La zona attigua alle Tofane presenta infatti passaggi dentro le rocce, tuttora attrattive turistiche interessanti ma che 90 anni fa furono calvario di sofferenza e morte di tanti giovani.
Un gruppo di nostri soldati manteneva la precaria postazione cengiata nonostante i tentativi del nemico di neutralizzarli dall'alto: anzi per snidarlo conquistando la sommità del monte, il comando italiano ordinò di scavare un ristretto cunicolo a percorso elicoidale, salendo per una differenza altimetrica di quasi 400 metri, con un risultato di percorso di oltre 1 chilometro e gradini quanto mai impervi.
Dopo mesi di durissima fatica, il pericolo maggiore quasi alla fine dello scavo: far esplodere una mina sotto la posizione degli austriaci; i quali si erano spostati intuendo dai colpi di piccone l'attacco e così bloccandolo facilmente con le mitragliatrici.
In un'estate avventurosa io e mia moglie scendemmo nel cono residuo dello scoppio e proseguimmo nel percorso, in direzione obbligata, della galleria Martini.
Avevamo acquistato nel vicino rifugio una torcia a vento e due guanti per "assicurarci" lungo il rugginoso cavo metallico a parete, così da evitare pericolosi scivolamenti nella rudimentale scalinata.
Lascio immaginare la sensazione claustrofobica di oltre mezz'ora a corpo chino in un chiarore spettrale, con aria fredda ed umida impregnata di fumo e sudore, per effetto camino anche delle persone sottostanti. Soltanto quasi all'uscita sulla cengia vi sono due finestrelle che guardano verso la strada statale, raggiunta poi con un sentiero scosceso. Ho parlato di recente con turisti che hanno fatto questa originale esperienza, oggi migliore del "girone bellico" di allora: le torce sono elettriche e l'elmetto preserva da eventuali urti.


cima montagna: scalata alla cima Exner (13/8/1972)


Ma il titolo “reclama” salite, ancorché verticali: ad esempio la Brigata Tridentina, ferrata sul pilastro Exner del gruppo del Sella di fronte a Colfosco in Val Badia. Il 13/8/72, in compagnia di amici di La Spezia - ottimi marciatori ma desiderosi di provare un'arrampicata- mi chiesero consigli per affrontare la scalata, un poco sopravalutando quella mia dell'estate precedente.
Preparai per tutti il cordino a doppio giro con le estremità annodate a due moschettoni; ciò garantiva completamente gli scalatori, che invece vedevo spesso con un solo gancio. Infatti nella sciagurata ipotesi, nell'attimo di passaggio del moschettone sopra il chiodo in parete, un qualsiasi accadimento (anche la caduta di un sasso, allora i dilettanti non portavano elmetto) era foriero del peggio.
Quando legai i moschettoni mi chiesero che nodo fosse: "gassa d'amante" (la tensione lo rende indissolubile) imparato nelle esercitazioni pratiche dell'Istituto Nautico. Scherzando: domandarono se un nodo marinaresco poteva reggere in montagna, risposi di aspettare il termine della ferrata; la quale conduceva da nord al rifugio Pisciadù dopo un vertiginoso ponticello alla fine del pilastro, per poi scendere lungo un ripido ghiaione.



ponticello verso il rifugio Piscadù




in cordata sulla ferrata Mesules - gruppo Sella




ristoro al Piz Sella (m. 2970)


sul nevaio - prima della scivolata

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Altri miei “ritorni”, ma con poche “pareti”, nel breve lasso di tempo concessomi dai casi della vita; rammento le seguenti escursioni in vetta: Sassongher, Grande Cyr, Sasso Stria, Col di Lana, Sasso Putia, Croda di Santa Croce, Piz Boé; e fuori Dolomiti la Grigna meridionale sopra Lecco.
La personale stagione di emozionante alpinismo si concluse, tanto gratificante da non cercarne ulteriori,il 16/8/73 con Gianni, il mio "maestro di roccia" della già citata ferrata del 1971. Mi propose le Mesules, capocordata e fotografo, circa 300 metri verticali sul lato ovest del Sella.
Quando la nebbia mattutina svanì al sole eravamo già alti di fronte al panorama impressionante della Val Gardena.
Un paio di volte sentii molto tesa la corda: “mancavano gli appigli artificiali” mi disse poi sull'altipiano durante la pausa ristoratrice.
Giungemmo da sud al rifugio Pisciadù scendendo prima un largo nevaio in cui, per una manovra accidentale, si spezzò la mia picozza, peraltro non professionale: conservo ancora la metà superiore, l'altra la tenne l'amico di Trieste.
Alla cui famiglia dedico questo ricordo della mia.


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"Ritorno in parete" all rights reserved - 3 ottobre 2007
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