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Rete delle piccole Citta`

Dallo Statuto al Progetto

di Pietro M. Toesca

Il luogo pubblico

Ecco, il luogo pubblico come investimento comune, come luogo della circolarità dialettica reciproca.

Si intende che questa invenzione richiede lo smantellamento, dall'interno, di quegli strumenti di mediazione politico-sociale creati in altri tempi (diciamo Ottocento/Novecento) essi stessi come luogo della partecipazione, cioè del passaggio continuo e recipro tra privato e pubblico; ma cresciuti poi a dismisura, essi ancora, come luoghi della delega e dell'espropriazione.

I modi, i termini, misure dell'esercizio di quei passaggi (che si sono dichiarati come diritti e dunque come condizioni sociali) sono talmente gestiti da quelle istituzioni mediatrici, ed esse da una logica così compatta con le regole e i bisogni del "pubblico" costituito autonomamente, e quindi come soggetto assoluto (l'autonomia è dunque la non relatività ai mandanti, cioè ai singoli associati in comunità), che il singolo associato deve appunto, ad ogni pie' sospinto, fare i conti con quella logica, con i suoi custodi cioè con i suoi gestori, di volta in volta mostrando credenziali che lo facciano giudicare idoneo a ricevere concessioni, se non addirittura favori e cooptazioni.

Si tratta evidentemente di un processo rovesciato, grazie al quale ciò che è stato previamente attribuito all'ammasso centralizzato viene poi redistribuito attraverso canali (regolari o irregolari che siano) sulla cui manutenzione reale l'utente non ha nessuna possibilità di esprimere opinioni veramente efficaci.

Proteste, lamentele, borbottii: ma non sono certo questi gli strumenti reali della democrazia. La quale democrazia è impedita non già e soltanto dalla volontà subdola e prevaricatrice di qualcuno (costui, o costoro, ci sono sempre, ma si possono trovare i modi per affrontarli) bensì dalla sua propria enfasi, dal fatto che il sistema della mediazione è diventato l'amplissimo, onnicoinvolgente sistema della connessione.
E tanto più ampio e connesso è un sistema, tanto piu` accentrata e ferrea deve esserne la gestione, il governo. E' passato il tempo dell'inefficienza, cioè della necessità di attribuire alle difficoltà funzionali, all'incapacità di far fronte alle richieste e ai bisogni, i vuoti e le carenze pubbliche rispetto al compiti attribuiti socialmente.

Siamo ormai in pieno nel tempo dell'insufficienza programmata, della latenza consapevole e voluta.

E' la direzione stessa, l'orientamento della gestione pubblica che impedisce il corretto rapporto tra il singolo e la comunità.

Quali sono i luoghi del riconoscimento reciproco, dell'apprendimento comune ad esercitare rapporti reciprocamente rispettosi, della costruzione di un destino (del frammenti di un destino) riconoscibile come non estraneo ed imposto?
La scuola, i sindacati, le istituzioni sanitarie, i partiti, le associazioni di categoria, gli enti locali o intermedi, i mass-media?

[gif - 17,663 bytes]Chi, sinceramente senza tema di smentita, può affermare che qualcuno di questi luoghi gli appartiene, è anche suo, appartiene al suo bisogno e che in esso si avviano i processi necessari a identificarlo e a soddisfarlo?

Certo, di qualcuno saranno quei luoghi. Ma non certo del suo utente naturale, di colui per il quale e a nome del quale sono stati costituiti.

Per questo si diceva di uno smantellamento dall'interno.

Alcuni di questi luoghi conservano la potenza, e il ricordo, di un'origine diversa.
Sono stati principio di costruzione sociale e non di distribuzione di prodotti accumulati grazie poi anche alle prestazioni (attive o passive) del meccanismo di cui essi sono venuti a far parte.

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